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“Ascoltami, Carlotta. Hai presente quella voce che ti sussurra di prendere la strada più illuminata per tornare a casa di sera, anche se è più lunga e sei stanca morta dopo una giornata di lavoro?”,Quindi saresti tu l’intuito?” lo interruppe l’Altra sghignazzando.

Spesso siamo costretti a cambiare tattica di vita perché qualcosa non è andato bene, qualcosa va storto per i fondamenti di un evoluzionismo sfrenato, per la sete di progresso individualistico o semplicemente per erranza. Episodi e fenomeni traumatizzanti come il bullismo e le mortificazioni sociali sono come abbracci mancati che generano l’ansia e l’angoscia profondissima dello sconforto individuale e sociale. Nel thriller di Giovanni Lucchese (Questo sangue non è mio, Alter Ego) si parla di ferite e di violenza su Carlotta e in Carlotta. Le immagini letterarie non sono quelle della Carlotta di Goethe, ad esempio, ma quelle della Carlotta di Lucchese che incontra sempre l’altra: Elena.

Elena Goldoni è sé stessa in uno specchio di malattia psichica.

Nonostante il romanzo offre diverse interpretazioni, ciò di cui vi parlo qui è l’aspetto proiettivo, e la natura dell’ascolto due tematiche guida nell’analisi del personaggio.

La Carlotta di Lucchese è descritta come una assassina nel corso del romanzo ed esalta un istinto raccontato come arreso alla malattia che è un inganno quasi come una vessazione. Il romanzo è la traccia continua di un tempo che si muove scandito dagli orizzonti invisibili e psichici della protagonista. Carlotta è paradossale, un soggetto psichico che non riesce a trovare rifugio nel sé, una donna che non riesce a fare i conti con l’istinto sano di conservazione, sfinita, incapace di concludere la sua dimensione nel reale, sconnessa del tutto dal mondo, vicina solo alla malattia.

Il discorso del romanzo si svincola continuamente intorno alla trama dell’ultimo orizzonte, senza però concedere un appiglio alla critica morale. Il discorso narrativo invece continua come una confessione, non accenna mai a una denuncia. Questo è lo stile di Lucchese che probabilmente non suona come una scelta avveduta ma come il limite dello scrittore che trova il suo senso nel narrare non propriamente nello svuotare il pensiero narrativo per la critica sociale ed esistenziale.

La scrittura di Lucchese nel romanzo non segue le logiche classiche dell’intreccio, anche per questo il rapporto con il lettore è diretto. Lo scrittore promette continuamente una nuova illusione nella narrazione e costringe ad un ascolto. Il paradosso che si dichiara è quindi di un doppio specchio; Carlotta non fa che specchiarsi in Elena che non l’ascolta, il lettore non fa che specchiarsi nello scrittore che non l’ascolta. Questo inevitabilmente inserisce la scrittura di Lucchese in una tematica di paradosso dell’ascolto; Elena si ritrova straniera in ogni capitolo, il lettore si trova straniero e non spaesato, vorrebbe ignorare un’altra caduta incombente di Carlotta ma è costretto ad esserle vicino e vederla soccombere sotto il suo peso. Tutto il testo è una parentesi su un orrore che non arrossisce, che non trova alcun riparo. Il giorno di Carlotta insiste sulla malattia prepotentemente e noi che leggiamo non siamo che coinvolti a comporre una immagine continua ed estrema della protagonista.

Tutto il romanzo è il gioco di una proiezione che non si snoda su di un piano ontologico, quella di Carlotta è una continua intervista a sé stessa, fotogrammi in una cornice di assenza. Ed è così che anche comprendiamo quanto la salute sia belligeranza, un processo necessario per vincere l’attaccamento, il pregiudizio, l’orientamento al dominio sociale. È solo preparandosi alla totale delusione del dominio sociale che il prossimo può interrogarsi dialogicamente e comprendere il suo ruolo dentro una cornice sociale e pedagogica dove la salute è la belligeranza di un problema di logos. Lucchese sprofonda il lettore in temi estremi quindi come la necessità di salvezza, l’orientamento alla sessualità, la depressione sociale. Temi scottanti che a malapena riescono ad investire il pubblico colto che è introiettato invece in logiche di progresso apolidi, stanche, aggrappate a illusioni che incastrano le destinazioni della mente in un thriller da labirinto dove sorridiamo a Carlotta e sorridiamo a noi stessi.

Alter Ego, Collana Specchi
Anno 2017
Noir, Thriller
194 pagine

Sabatina Napolitano

News Reporter
Sabatina Napolitano è nata a La Maddalena (SS) il 14 maggio del 1989. Ha pubblicato otto libri di poesia. Suoi testi sono usciti su Nazione Indiana, La poesia e lo spirito, Neobar, Bibbia d’asfalto, Poesia del nostro tempo, Gradiva, etc. Alcuni racconti su Quaerere, l’Incendario, Sguardindiretti. Origami è il suo primo romanzo edito Campanotto, 2021. Recensisce, collabora e intervista autori di poesia, narrativa e saggistica ed è una studiosa dell’opera di Nabokov. Edita, corregge, insegna, intervista, recensisce, scrive.
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