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Spesso mi trovo a parlare di libri di poesia anche se non conosco di persona le autrici, questo non mi nega il piacere di una critica sentita. In questo libro di Lilly De Siati si cerca con il linguaggio poetico di dare un senso alle direzioni della vita, più in generale a quello che nel linguaggio comune definiamo “altre cose”. L’amore è un’altra cosa, la vita è un’altra cosa, la felicità è un’altra cosa. Ciò che da sempre interroga la natura delle cose è la filosofia, il campo della situazione poetica è profondamente ed esasperatamente intessuto di filosofia. Il pensare poematico della filosofia agisce da riconoscimento e difesa ancora oggi che il poeta contemporaneo è costretto ad un’esperienza continua nel campo delle metamorfosi.

Da sempre il genere lirico ha sfondi antropologici che Lilly De Siati vede attraverso l’arte e la pittura: due ritratti di una stessa stretta di mano, i piani dove l’urgente si manifesta insieme al riflessivo, dopo che l’intuito e la passione si equilibrano. Le finestre poetiche tuttavia richiamano delle raccomandazioni, sedimentazioni e stratificazioni, ricordi e continue immagini fluttuanti, “passato e presente/ in un intreccio di liane/ mi graffiano l’anima,/ le ombre entrano negli occhi,/ tormentano il cuore” (Fantasmi). L’essenza di ciò che siamo stati ci minaccia quasi; è profondità che inevitabilmente ci precipita dentro come qualsiasi esperienza superficiale sedimentata nell’aria degradante di ciò che non c’è più, per questo poi dopo ogni esperienza d’avventura e rivoluzionaria torniamo a quella che è la nostra vocazione, la nostra morte continua che di fondo è poi la direzione per cui siamo nati e siamo vivi.

Roubaud in Quelque chose noir ci ricorda di continuo che cosa è l’essenza, o una forma. L’essenza non è l’esercizio di una ragionevolezza anche se pare comune identificare per noi così il destino della poesia. La poesia è una essenza di autoriconoscimento, rivalsa o piuttosto un’essenza che un uomo innamorato freme a riconoscere. L’approccio degli autori è così infinito e la varietà degli intenti e impulsi così vasta che sarebbe pura contaminazione elencare esasperatamente, esondare in una continuità superficiale non esistenziale. Il piano delle poesie da “Eterna essenza” (Il convivio, 2016) non è un piano separato dal sapersi recare benessere, ci sono congedi, ricordi, strati di respiro. Questo perché l’occhio del poeta e dello scrittore non è l’occhio del reporter, lo sguardo di De Siati è uno sguardo che si raccomanda all’essenza intesa poeticamente non come ontologia, “dicono che il tempo sia il gran consolatore…aspetterò l’eternità!”.

Ed è così che in questi due ritratti di vita mancati trascorre l’essenza, si vedono le cose in una andatura romanzata di perdita, in una dichiarazione di infelicità assente, la traduzione di un diario kafkiano dove il tragitto sembra non trovare dissolvenze, minuti per una variazione intorno le cose che capitano “le mura austere della coscienza/ vacillano,/ i castelli di sabbia oltraggiati dal vento/ si sgretolano sotto il peso/ degli errori relegati/ nelle stanze senza luce” (Ombre).

Tuttavia nella condizione filosofica della poesia troviamo una essenza; un premio al peregrinare. La normalizzazione di una modalità essenziale di ricevere e donare, amare ed esperire: una mappa dove l’ispirazione coincide con il desiderio e tutto il resto è mondo insofferente in confronto al verso. Solo il desiderio di protezione e la cura è amore. Nient’altro. Quello che è nella vita ma mai nel verso per i poeti è un disgusto elitario, che sentono anche quelli che si occupano di poesia, che la scrivono e che la vivono. Se l’ispirazione sia verticale od orizzontale, sia attitudine lirica o narrativa, se sia pretendere una verità attraverso la rivelazione poetica, o raccontare una verità come una strizzatina d’occhio, o una possessione amorosa questo deve dirlo il poeta, il poeta sente di vivere sempre per evitare il disastro sa che solo compiendo sé stesso può vivere tutto.

Sabatina Napolitano

News Reporter
Sabatina Napolitano è nata a La Maddalena (SS) il 14 maggio del 1989. Ha pubblicato otto libri di poesia. Suoi testi sono usciti su Nazione Indiana, La poesia e lo spirito, Neobar, Bibbia d’asfalto, Poesia del nostro tempo, Gradiva, etc. Alcuni racconti su Quaerere, l’Incendario, Sguardindiretti. Origami è il suo primo romanzo edito Campanotto, 2021. Recensisce, collabora e intervista autori di poesia, narrativa e saggistica ed è una studiosa dell’opera di Nabokov. Edita, corregge, insegna, intervista, recensisce, scrive.
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