di Sabatina Napolitano
L’autore
Antonella Fimiani è insegnante di filosofia e storia, dottorata in filosofia politico-giuridica presso l’Università degli Studi di Salerno con una tesi su Kierkegaard. Scrive di filosofia politica. Il suo saggio su Etty Hillesum (Donna della parola. Etty Hillesum e la scrittura che dà origine al mondo. Apeiron, pp. 159, euro 12) è recensito da diverse testate come Il manifesto, Il mattino, Repubblica.
L’opportunità di una vita interiore
Tutti abbiamo letto prima o poi un saggio di letteratura spirituale e ci siamo fatti attraversare dal pensiero di filosofi, teologi e mistici che hanno parlato dell’esperienza interiore presentandola anche come esperienza spirituale tra i molti mi viene in mente Kierkegaard che nelle sue preghiere si lascia a diversi lirismi [1]. L’esigenza interiore è avvertita con intensità soprattutto dagli intellettuali che considerano la vita interiore in rapporto alla spiritualità. La forma più eloquente che affascina i dettagli di una vita è quasi sempre il diario, o la biografia [2]. Nel caso di una biografia spirituale ogni pagina è dedizione e misura di un andamento mirabilmente e intimamente ispirato da un desiderio di confessione come pulsione inconscia, dall’ansia del riconoscimento di una natura divina. Anche in questo Etty Hillesum è icona della letteratura di riflessione e portavoce dello sdegno contro i mali del mondo che compenetrano la natura del dolore dell’uomo [3]. Etty Hillesum é inevitabilmente tra le intellettuali maggiori che hanno scritto del tempo dell’olocausto e hanno trasportato l’esperienza biografica ad una collettiva utilità, traducendo il pensiero ben oltre la sensazione, segnandone le ferite, i contenuti interiori e gli elementi di convergenza con la storia universale.
La gratitudine e la letteratura di Etty Hillesum
Hölderlin nel primo libro di Iperione scrive «Essere Uno con il Tutto: questa è la vita della divinità, questo è il cielo dell’uomo», il concetto dell’essere-con-tutto e della divinità interna al sé è penetrato nelle pagine della Hillesum dal momento che il discorso spirituale per lei è anche il luogo di elezione del dibattito poetico e artistico, della riflessione politica e culturale, della compartecipazione di una filosofia collettiva. In questo dettaglio filosofico Jung sostiene che la dinamica tra la parte conscia e quella inconscia al sé è considerata come ciò che permette all’individuo di affrontare un lungo percorso per realizzare la propria personalità in un processo che egli denomina “individuazione”. Alla base di una risposta di vocazione interiore quindi e di «individuazione» c’è sempre uno dei più affascinanti misteri del senso da cui dipende il fare filosofico, la magia della parola. La Hillesum è una filosofa e un poeta, una donna cosciente e dall’intelletto pervasivo che per molti oggi continua ad essere una guida attraverso i suoi scritti. Per noi lettrici della Hillesum è inevitabile trovare dettagli che nutrono e che rispondono alla nostra domanda di senso, alla trasparente ricerca di una direzione e di una verità fuori dall’io. La Hillesum trovò la sua verità attraverso una coraggiosa scelta, conquistando una motivazione superiore e consolante, con la disposizione a una fisiologia spirituale credente. È decisamente un mistero considerare come di fronte ad uno dei disastri peggiori della storia dell’umanità esistano le più grandi risposte spirituali che intersecano la vita degli uomini, e si comunicano tramite gli uomini. Fimiani decisamente esprime la sua gratitudine all’opera della Hillesum con un saggio sorprendente e forse uno dei migliori che esiste oggi sulla scrittrice in Italia. Fimiani nel suo saggio indaga meravigliosamente la vita della Hillesum da Amsterdam fino a Westerbork e poi Auschwitz. Sia nelle Lettere che nei Diari la realtà della Hillesum non è mai bassa e orizzontale ma sempre centrale e verticale. Nei cinque capitoli Fimiani si fa rara portavoce di una rivoluzione che cambierà il volto di diverse realtà negli anni postumi alla pubblicazione delle opere della scrittrice ebrea [4].
Il limite immortale della narrativa ontologica
Fimiani dà una lettura della Hillesum coinvolgente e umana mai dogmatica, anche perché la narrativa della Hillesum è riservata ad un linguaggio diverso dalla narrativa etica proprio perché è una scrittura filosofica. Anche se il molto di una esperienza estrema di male e terrore non è esprimibile e sta nel silenzio. Forse anche per questa ragione gli occhi di un critico, in questo caso come in pochi altri coincidono con una misura di stima profonda, mai dubbiosa anzi tenace. Per noi quel dolore descritto da Etty Hillesum è il limite oltre il quale non si può ricadere e appartiene al concetto centrale intorno cui ruota la stagione contemporanea di resistenza umana e traduzione del pensiero moderno. Non tutte le opere filosofiche hanno quest’aura immortale per cui è prevista una esigenza critica individuata e risolta; in questo Fimiani è studiosa attenta, nel saggio non si dimenticano i continui rimandi alla letteratura che percorre il pensiero della Hillesum e il rimando a Celan.[5]
Etty Hillesum e il rapporto con la poesia
Per Etty Hillesum la creazione artistica e la parola poetica sono legate ad un processo di parto spirituale e psichico, siamo evidentemente in un percorso intenso in cui la problematica esterna viene separata per concentrarsi sul connotato intimo e lirico [6]. Femiani nel saggio non è concentrata a rendere il problema del nazismo un connotato deciso sul destino della Hillesum, lo racconta piuttosto dalla prospettiva episodica dei suoi scritti e della biografia. Come se si fermasse a parlare con lei nella riflessione [7]. Se per Etty la poesia è reale quanto una «tessera per il formaggio o dei geloni», Fimiani sa che molto del pensiero di Hillesum è rintracciabile nella tradizione mistica occidentale [8]. Spesso l’atteggiamento mistico è presentato come l’unica risposta plausibile al male. L’esperienza della morte collettiva rimane descritta come un destino a cui non ci si può sottrarre, Dio è l’unica luce al terrore. La posizione della Hillesum è ben diversa da quella di Amery e Levi e coincide con una accettazione del rapporto con Dio nello spazio: il Dio di Hillesum è un Dio lirico, puramente interiore. Che tuttavia non aliena, ma santifica, consola [9].
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[1] Per ricordare le preghiere di Kierkegaard ne cito dei versi «quando il pensiero del padre celeste si sveglia nell’anima nostra, allora fa’ che non si svegli come un uccello sbigottito e disorientato che svolazza qua e là, ma come un bambino che si desta col suo sorriso celeste». Ho scelto il riferimento a Kierkeegaard anche per ricordare che Antonella Fimiani ha scritto la monografia “Sentieri del desiderio. Femminile e alterità in Søren Kierkeegard” (Rubbettino, Soveria Manelli, 2010).
[2] D’altra parte Fimiani dedica alla funzione e alla riflessione sulla parola nei Diari di Etty Hillesum diversi punti: «la parola è guscio di noce in cui ritrovarsi, cura del proprio mal di vivere. É tetto, argine, diga in cui arrestare il magma del proprio caos interiore; è martello che modella il blocco del granito grezzo della costipazione spirituale», cit., p.85
[3] Si faccia rifermento allo spazio interiore come Weltinnenraum, «Lo spazio interiore del mondo [Weltinnenraum] è la libertà sottratta alla necessità vincolante della storia, rottura delle catene del tempo che non è fuga da esso, ma possibilità di cogliere la dimensione più grande» cit., p.94
[4] Fimiani a tal proposito dedica un capitolo al confronto tra le letterature di Hannah Arendt e Etty Hillesum (da p. 49-58).
[5] il saggio comincia riportando una poesia di Celan da «Svolta del respiro», «In fondo/ al crepaccio dei tempi,/ presso il favo di ghiaccio/ attende, cristallo di respiro,/ la tua irrefutabile/ testimonianza» in Poesie, a cura di Giuseppe Bevilacqua, Mondadori, Milano 2015, pp.551
[6] «Ma anche la sensazione di essere incinta, incinta spiritualmente, e avrei desiderato mettere al mondo qualcosa», Diario, 488. 13 aprile 1942
[7] Nel saggio Antonella Fimiani fa riferimento a diversi autori che accosta al suo studio dell’opera della Hillesum: Arend, Levi, Antelme, Wiesel, Améry, Spier, Gerrit Van Oord, Presser, Hilberg, Todorov, Marco Deriu, Giancarlo Gaeta, Wanda Tommasi, Denise de Costa, Hans Jonas, Mathieu, Mechanicus, Presser, Weil, etc.
[8] La scrittrice fa riferimento al metodo di Etty Hillesum (esperienza crescente dell’hineinhorchen) e alle sue letture spirituali (Agostino, Eckhart, Dostoevskij, Freud, Jung, Kierkegaard, Rilke), si veda pp. 87-88
[9] Fimiani analizza le posizioni degli intellettuali che hanno vissuto l’Olocausto come Etty Hillesum (tra questi Amery e Levi) e descrive le controcorrenti posizioni della Hillesum come «intuizione del drammatico», «Il dio maturato dentro è figlio di una accoglienza senza limiti del dolore del tempo», cit., p.81 o anche l’opinione discordante che «il conflitto» è «dentro l’individuo». Femiani a tal proposito scrive «Il bisogno di non rinunciare alla parola trovata prende forma nella necessità di testimoniare fino all’ultimo la verità del tempo. Non resta che scrivere, ovunque e in qualsiasi circostanza», cit., p.112
