Venerdì presento a Roma, presso la sede di Ensemble il libro di poesia “Scritto d’autunno”, con l’editore Matteo Chiavarone, quindi ho chiesto ai miei amici del Nabokov di ospitare uno scritto dalla biografia che ormai scrivo da tempo incolmabile. Saranno con me anche se fisicamente impegnati altrove. Grazie a tutti gli autori di altra generazione, più grandi di me, che vivono a Roma.

i testi sono tratti in anteprima dalla mia autobiografia “Era l’era dell’emozione giusta”
Dalle «veggenti pupille» del Profeta puškiniano lo sguardo di Nabokov trae la sua lucidità, la sua perspicacia, quell’acutezza che gli permette di scoprire gli indizi del miracolo nel pattume della vita, di trasportare le cose più umili e casuali dell’esistenza le gocce di pioggia che tremano sulla cappotta di una macchina, una figurina dei pacchetti di sigarette della serie «Costumi nazionali» schiacciata nel fango, un fiore che sboccia solitario e discreto su un terreno vago, gli arabeschi di ombra violacea sulla bianca gonna di una bambina che si dondola sull’altalena in una luce paradisiaca, da primo giorno della creazione, dove le forme e i colori vivono di una vita magicamente moltiplicata.
dalla postfazione di Serena Vitale, Nabokov, Il dono, Adelphi
“porta l’odore dei campi estivi”
Per le scrittrici riservate e isolate l’immaginazione e la probabilità sono due componenti forti che rispondono al destino di una vocazione alla scrittura. “Porta l’odore dei campi estivi” [1] mi dicevo. In questi tempi e anni lunghi c’è chi a volte riesce a stimolarti: questo tende a spingerti ad essere più femminile, a migliorarti a voler piacere. Ci sono giorni quando l’innamoramento sembra diviso e ti senti sciatta e abbandonata. Tutto procede verso il grande bene della mancanza dove invece la mancanza di amore produce i reali incontri mancati: quelli che per sempre ti lasciano un rimpianto che non può colmarsi. Semplicemente mi rendo sempre più conto di quanto siano tutti primitivi, l’amore relazionale è un’educazione, un paesaggio, la conoscenza di un linguaggio, la posa anti-metafisica, la voglia del corpo. Parlano tutti per sovrastrutture, impegnati in una riflessione sul contemporaneo: ora posso gestire la volontà, cercare di muovere un episodio della mia vita dominando la realtà. Conservo e comunico per mia esigenza una gestualità prudente, comunico il mio paesaggio in frammenti. Non esiste alcun vantaggio o svantaggio nelle tecniche solo la pura applicazione di queste. E il piacere che riesce a procurarsi il pensarsi. Reputo le poesie sulle case inutili, do peso alla componente concettuale di noi stessi, la casa è come un corpo. Sto alla n* fase di lettura delle mie poesie, cambiando di volta in volta destinatario ipotetico. Ne ho tre diversi per ora perché è necessario di solito scrivere così. Ho dieci prose finali e 40 poesie. Non sono convinta che Autunno sia realmente il destinatario ipotetico, ma di certo sono attratta ferocemente e fatalmente da lui.
“viene alla mente una donna in piedi così vestita” [2]
Sono bella, e non sono abitata fortunatamente da altri io dei poeti. Non lo faccio perché aspetto la passione dell’uomo del futuro che non derivi dalla contemplazione, ma che sia intrisa di particolari di quest’uomo del futuro che mi invia lettere di passione inequivocabili. Mi guarda come se fossi l’unica donna sul pianeta terra perché è abitato dal sentimento. Siamo abitati dal sentimento, questo è il senso. È lui che mi autorizza ad essere bella. A nessuno è mai interessato leggere i cieli di una poesia, ciò che è sempre piaciuto agli uomini è il disegnare un amplesso mai vago e indefinito ma vivo. Il mio calendario è pieno delle sue firme invisibili (dell’uomo del futuro) sulla mia vita in cui sottolinea la sua personalità solo per farsi possibile. Mi depilo quando mi sento proporzionata da lui, mi rendo conto di avere un buco, di non essere scissa quando penso che l’uomo del futuro potrebbe toccarmi. Non si porrà limiti. Quando dormiremo insieme lui non conoscerà misticismo sarà imprevedibile, discuterà la dinamica dei corpi soprattutto in base alle tematiche pornografiche che lui estrapola dalle sue conoscenze. Io quando mi unirò a lui non perderò significanza umana. Lui saprà rendermi protagonista delle sue pornografie. Quando ci uniremo non ci sarà alcuna rete mistica o psichica. Io lo trascinerò il più delle volte perché sarò mossa dalla logica del godimendo e della graditudine. È lui che mi guiderà ad avere un rapporto sempre più preciso con la mia identità. Così alle volte mi guardo allo specchio e scopro di essere così bella perché è lui a volerlo. Ha imparato col tempo a incentivare le mie perfezioni, e perversioni. Il rapporto con gli anni si è fatto sempre più erotico (questo lo dico precisando che le mie poesie hanno una durata di vent’anni come minimo).
“L’Essere/ include la morte e l’immaginazione” [3]
A volte è una pura questione di titolo, ho chiamato otto poesie “tutto torna”, ora ho deciso di cambiare il titolo della breve brevissima raccolta che passa a “ho i capelli marroni”. Non voglio inserirla nel libro che è un progetto abbastanza serio e allegro, dopotutto. Nel frattempo, alcune parole sono veramente lodevoli, che possono sciogliermi. Ma oramai tra la resistenza dei poeti, tra le posizioni pubbliche, tra i libri nuovi che devo leggere. Non è più il tempo per sciogliersi, non è più il tempo di carinerie, non è il tempo per i sogni. Sono troppo stanca per scrivere con citazioni e frasi, non ho la voglia di piacere a nessuno. Non ne ho il desiderio. Ho voglia solo di piacere a me stessa e difendere ciò che ho di più caro al mondo. La legge di conservazione vince su ogni cosa. Non voglio nemmeno scrivere qualcosa per l’uomo del futuro, non ne ho voglia di tendermi. Non ho voglia di essere guardata, non ho voglia di essere femminista, non ho voglia che di me stessa. Non posso pensare ad un altro se la mia poesia non viene amata; prima di me stessa vengono i miei versi. E solo tramite i miei versi verrò rapita, mi sentirò forse sciolta in un vero sentimento che non prende ma dà. Le dinamiche delle cose le conosco perfettamente, i piani spirituali sono intersecati ai piani reali: è la vita dei poeti ed è la mia vita per tutta la vita. Le appartenenze ingannano, la retorica continua, ma la vita è tutt’altro: sono io.
“Si la prosa es una casa, la poesia es alguien en llamas corriendo a traves de ella.” [A. Carson]
In una delle versioni inedite di “Scritto di Autunno” ho scritto una poesia dal titolo, Vivere. Credo che la fotografia (come arte) non c’entri per nulla col mio libro. Non faccio riferimento a fotografi, né ad artisti in particolare. Volevo dedicare parte del mio tempo all’analisi di almeno quattro dipinti raffiguranti Ulisse: in ogni museo in cui sono stata e in ogni galleria, è stata la storia a cercare me, ed io a specchiarmi nella storia. La tensione emotiva e romantica è troppo forte, anche se non voglio considerarla il più delle volte. Prontamente ci cambiamo, prontamente riusciamo a costruire per la nostra mente messaggi utili a noi stessi, a decodificare la realtà e a scrutarla. C’è uno scalpello del limite, c’è uno scalpello del baratro. L’azione pubblica può trovare una somiglianza o una vera somiglianza con gli elementi, anche se non esiste. Bisogna perciò sciogliersi dal mondo, sempre. Essere il riflesso di nessuno. Considerare di essere il riflesso di niente. Dobbiamo sempre vederci, specchiarci, guardarci. Vedere di quale colore la nostra paura. Una riflessione su una bellissima fotografia storica. Sapete che sono una romantica e ogni tanto mi piace guardare queste foto dei grandi attori e divi e personaggi storici, lasciamo perdere che questa è Gene Tierney con sua figlia. Lasciamo perdere la biografia dell’attrice ma semplicemente guardando alla tenerezza dello scatto che cosa c’è di più bello di questo per una donna completa: sviluppare la maternità continuamente. Una maternità vera, ormai matura, costruita. Nel mio caso non parlo di maturità poetica, ci mancherebbe. Ma proprio di maturità di donna. È qualcosa di meraviglioso questo scatto. Completo di tenerezza, arte, la figlia che abbraccia la mamma e la mamma che si lascia a questo così dolce abbandono.
“La tua irrequietudine mi fa pensare/ agli uccelli di passo che urtano ai fari/ nelle sere tempestose:/ è una tempesta anche la tua dolcezza,/ turbina e non appare,/ e i suoi riposi sono anche più rari./ Non so come stremata,/ tu resisti in questo lago/ d’indifferenza che è il tuo cuore;/ forse ti salva un amuleto/ che tu tieni alla matita delle labbra…”
Montale
Cito questa splendida poesia di Montale perché illumina quello che scrivo oggi in questo diario. La passione è il tempio dell’anima, da cui derivano ispirazioni e parole, i termini del raccontare. Il significato che assumiamo nei giorni appartiene ai nostri cambiamenti e alle nostre cure, tutto quello che accade quando viviamo percepiti, ricordati, in sintonia col tempo che si rivela cambia l’assetto delle critiche. E chiaramente non ci troviamo in un antistorico romanzo comune, né siamo staccati dal tempo. Vivere una vacanza nella sua essenza, ci permette di restare sempre con le nostre personalità e identità ben definite. E le parole non sono solo hashtag che definiscono l’oggetto, ma significano l’oggi di ogni nostra riflessione intorno al tempo.
Solo per farti rendere conto di un mio ritratto. Come tu ben sai un autore non deve necessariamente essere accademico purché rispetti la sua centrata esperienza, autentica nel tempo. Ne fanno un giorno una questione di forma, il giorno dopo una questione di sostanza. Vai dritto per la tua strada, se vuoi che incroci la mia ti chiedo attenzione, ma non badare molto a ciò che non mi appartiene.
In questa foto sono calda. Ci sono cose che appartengono alla vita: come guardarsi, non parlarsi, fare delle attenzioni per l’altro che non hanno a che fare con la distanza. Dedicarsi a qualcuno solo perché si scrivono poesie e bisogna restare in una rete, nella rete in cui ci troviamo vivere è ciò che facciamo come esseri vivi e autori. Tutto ciò che scrivo qui si riduce a poco come proiezione e desiderio. Non ci si può credere di riuscire a coinvolgersi per una persona come me che magari non hai mai incontrato dal vivo, mi dico che potrebbe puzzare di zolfo o addirittura essere il pensiero di un uomo caldo ma sgarbato e confuso: pretendere mancando di tenerezza e docilità e mancando di tutte le componenti che sono proprie del femminile ti predispone alle freddure dell’anima e alle aridità. Tuttavia pretendo di rammentarmi la mia importanza verso me stessa con queste cronache che si avvicinano o allontanano dal futuro senza una giusta dimostrazione. Ciò che ci appare bello è legato a ciò che riteniamo il nostro intimo. Nella mia personalità sono belle di un uomo poche cose, come l’esercizio della compassione, l’umiltà, la predisposizione ad essere di buon cuore e grande intelletto: sono doti positive. Doti e doni che promettono una felicità che si può stringere, che ispirano un potere, un potere che può essere condiviso: l’abbondanza della vita, l’avvenire dei desideri tutto ciò che appartiene alla sfera degli innamorati il riuscire ad ospitarsi nei pensieri uno dell’altra: il riuscire a sentirsi opportuni e per questo motivo essere gioiosi, possibili nel riuscire a proteggersi e a consigliarsi in quanto persone. Anche Colette amava descrivere la natura e i ritratti naturali, poi ieri sono passata anche a notare se ci fossero alcuni libri nuovi da leggere e a parte l’ultimo di Hannah Arendt “La vita della mente” e “Le cosmicomiche” di Calvino non trovo nulla interessante al momento. Mi sono persa il film di Hannah Arendt, devo cercarlo quando avrò tempo.
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[1] La citazione è tratta dalla poesia “The woman in sunshine”, di Wallace Stevens, Auroras of autumn, Adelphi, a cura di Nadia Fusini, p. 123
[2] anche questo verso è di Stevens”, “The bouquet”, Stevens, Auroras of autumn, Adelphi, a cura di Nadia Fusini, p. 137
[3] “Metaphor as degeneration”, Stevens, Auroras of autumn, Adelphi, a cura di Nadia Fusini, p. 123

In pittura “Dame Autumn has a mournful face” di John Atkinson Grimshaw