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Egon Schiele, Sole d’autunno e alberi I, 1912

“Vita di Schiele” (Homo Scrivens 2017, pp. 259, euro 15.00) è il sofisticato romanzo sull’intera vita di Schiele dello scrittore Aldo Putignano: docente di scrittura, fondatore di Homo Scrivens. Se il primo piano potrebbe apparire quello storico dove i personaggi si muovono in una meravigliosa Vienna di primo Novecento tra le Secessioni europee e quella viennese e le grandi menti di Freud, Kokoschka, Klimt, Wagner, Klee, Kubin, Schönberg, Mahler più profondamente il romanzo ha un sapore intellettuale anziché storico. Se è vero che la ricerca di Putignano parte da volumi raffinatissimi quali quelli di Malafrina, Crofts, Scott, Eva di Stefano, Neugebauer, Whitford tuttavia Schiele come il vero protagonista è descritto mistico e reale nelle sue pose e in quelle dei nudi delle sue modelle. Le pagine quindi non potevano che essere toccanti e coloratissime.

Schiele: i fondi, il disegno, l’eros

Oggi le opere di Schiele (Tull, 12 giugno 1890 – Vienna, 31 ottobre 1918) le troviamo in particolare al Leopold museum di Vienna, alla Graphische Sammulung Albertina a Vienna e alla Osterreichische Galerie Belvedere sempre a Vienna. Protagonista indiscusso del novecento europeo dipingeva con un tratto che cercava il nervosismo delle forme illuminando le scene con contrasti svegli e pose leggere, aeree, toccando fino in fondo la croce degli uomini nei corpi, nella pelle e nella verità delle relazioni. Grazie a questo libro di Putignano molto del mistero della vita di Schiele può essere svelato o almeno in parte letto e immaginato: il nudo di Egon Schiele è spregiudicato, le sue figure hanno una abilità gravitazionale che consegna al corpo il valore allegorico della struttura sociale, così le posizioni, i ritratti sono inevitabilmente il meraviglioso risultato di un occhio creativo che predispone un atteggiamento diverso della drammaticità della gioia. Se infatti ad un primo colpo d’occhio gli incastri degli incavi e i colori usati per i nudi sembrano decorativi e assolutamente imperfetti, ad una seconda lettura cominciamo a comprendere il carattere sessuale e rituale dell’eros di Schiele. Per realizzare una estetica tormentata si passa necessariamente per un grande equilibrio delle forme e degli stili: il nudo di Schiele nello spazio è un nudo che “documenta”. Le pose non sono mai svincolate dal loro contrasto sul fondo: sia il modello che l’artista conosce la verità critica dell’arte, anche per questo il nudo è esperimento d’allontanamento dal canone estetico classicamente rivissuto. Il nudo deve realizzare il pensiero questa importanza fa anche parte del motto della secessione Viennese così come la forte personalità e la particolare attenzione all’aspetto lirico e autobiografico sono un tratto caratteristico dell’espressionismo austriaco.

Gli anni in accademia, l’incontro con Klimt  

Incontrare Gustav Klimt, il maestro, il capo indiscusso della nuova arte viennese, l’uomo che più di chiunque altro incendiava le opinioni e dettava le regole, divenne per Egon una priorità assoluta. Fin dal suo arrivo in città non aveva desiderato altro e si era messo sulle sue tracce. Quando accadde, un giorno di settembre di quell’anno di grazia 1907, fra le chiacchiere e i giochi del Cafè Museum, quell’incontro ebbe per lui il fascino solenne di un’apparizione mistica. Lo riconobbe subito, e d’altronde nessuno avrebbe avuto difficoltà nel riconoscerlo: la barba folta e mai del tutto curata, […] la percezione del disagio che strideva con la sua posa forte, la voce cupa, le mani potenti, quasi un selvaggio raggrumato a stento in abiti civili”.

Allievo di Klimt non seppe fermarsi difronte alla figura del padre e a quello che il padre rappresentò per lui: Putignano ne indaga perciò la psicologia non dimenticando di sottolinearne la lettura dell’epoca. Ancora oggi i quadri di Schiele sono oggetto di aspirazioni e sceneggiature di noti film. Nel 2018 per il centenario della morte diversi musei hanno dedicato a lui mostre soprattutto ricordandone tramite metafore e simboli la sua grandezza che gli è conferita dal genio, dalla tecnica impareggiabile, dalla poetica, dall’incontro con il fruitore dell’opera d’arte che ancora dopo un secolo è capace a mantenere dell’opera di Schiele il segreto e il fascino, nascendo quasi ogni volta con l’immaginazione nelle sue dita sveglie e desiderose, come radici d’albero, nei colori realistici e concepiti come positivi, nelle ombre brevi che non mancano mai della connotazione psichica e della lucidità dello sguardo. La stessa poeticità dell’opera di Schiele si avventura nell’universo narrativo di Putignano, in pensieri e desideri che probabilmente i critici non hanno osato indagare e traversare. Nel romanzo Putignano divide la biografia di Schiele in sei capitoli (Infanzia, Il giovane prodigio, Il giovane se ne va, Il giovane maledetto, Il giovane di successo, La fine del mondo) e per finire riporta una magnifica poesia di Schiele dal titolo “Chi tra i viventi di maggior talento”. Schiele entrò all’Accademia delle Scienze e Belle Arti all’età di sedici anni come uditore, ormai lontano “dalla ragione borghese” lasciò l’accademia per fondare il Neukunstgruppe, il cui ideale non era lontano dalla Gesamtkunstwerk di Klimt anche se Schiele si emanciperà quasi completamente dal maestro. Quella di Schiele è una vita importante soprattutto perché è una vita dove la motivazione artistica è attenzione sul senso segreto di ogni accadimento: si tratta di vite governate dalla percezione di un cadere più “alto”. Celebre è il riferimento che Schiele fa dell’abisso non curandosi delle critiche alla sua arte il più delle volte segnata come “pornografica” perché lui non dimentica il piano esistenziale che in vita ha avuto per la sua poetica un peso enorme.

Schiele era uno di quelli che conosce il senso segreto delle cose e che come per incantesimo le rivela: in questo è il magnetismo della sua figura, l’aura di quella che ormai un secolo fa fu la sua presenza. Era bello posare per lui, lui era un uomo dalle idee fiere, un combattivo e un coraggioso mosso dal movente esistenziale non semplicemente dall’ideale. È strano che uomini di uno spessore così grande da diventare cosmico non destino la meraviglia di un pubblico sognante oltre-tempo. Le sue poetiche sono parte del dono che ha una volontà di conservazione, che ha vette e andature divine in noi; luminose per le opere. Nei suoi autoritratti continuava a svelare ciò che lui sapeva di incontrare: dev’essere stato come quando noi ci specchiamo negli infiniti rivoli della sorte, in tutto ciò che abbiamo ricordato di noi e decidiamo di regalarlo per dono e per lavoro. Non è questo lo spazio per intavolare un discorso critico sul fine artistico ma per lasciare parlare la voce inebriata che solo l’arte è capace a sedurre trovando di volta in volta le venature giuste di noi stessi dove siamo i migliori per l’altro. Gli autoritratti di Schiele avevano la forza dell’autentico e del perfetto perché non solo diretto e frontale, ma indiscutibile, erotico, eroico e scandito in sottofondo da una stagione di fermento e preparazioni propizie: una energia vitale capace a rispondere ad ogni crisi storica.

L’incantesimo: l’amore vero e la svolta

Non si può obbiettare che Schiele fu uno degli artisti più sensibili alla fisiologia interiore e al modo che il corpo ha di rapportarsi al caso e quindi al dominio sui sensi. La domanda del desiderio e dell’anelito era perciò severa: amare era l’unica cosa che rassomigliasse all’arte e l’amore poteva avvicinare all’arte. Se per Schiele l’arte e la musa coincidevano nella forza di Edith Harms questa non è una invenzione giornalistica o dei critici. Certo lui non poteva prevedere l’orrore della morte, ma poteva desiderare di amare in modo incessante, poteva desiderare di amare non in modo romanzato ma in modo giusto, risvegliato, scoprendo la sua luce interiore:

“Facevano l’amore come disperati, come se ogni giorno dovessero conteggiare i minuti concessi a Egon prima del suo ritorno in caserma: ogni mattino era importante, era la più grande lezione che la guerra lì fuori aveva loro impartito. E quando, con un tremolante borbottio, Edith gli comunicò che era incinta, Egon si scoprì felice”.

Aldo Putignano, Vita di Schiele

News Reporter
Sabatina Napolitano è nata a La Maddalena (SS) il 14 maggio del 1989. Vive ad Asciano, nelle Crete Senesi. Ha pubblicato otto libri di poesia. Suoi testi sono usciti su Nazione Indiana, La poesia e lo spirito, Neobar, Bibbia d’asfalto, Poesia del nostro tempo, Gradiva, etc. Alcuni racconti su Quaerere, l’Incendario, Sguardindiretti. Origami è il suo primo romanzo edito Campanotto, 2021. Recensisce, collabora e intervista autori di poesia, narrativa e saggistica ed è una studiosa dell’opera di Nabokov. Edita, corregge, insegna, intervista, recensisce, scrive. Appassionata d'arte scrive articoli, comunicati e saggi d'arte antica e contemporanea.
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