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Lucia Gaddo Zanovello, Illuminillime

L’autrice

Lucia Gaddo Zanovello, 1951 è una insegnate, poeta, saggista, critica affermata attiva su Padova. Pubblica più di venti libri di poesia (Porto Antico, Bramiti, Da serpe amica, Semiminime, Per erbe più chiare, Nóstoi, Fatalgía, In lúmine, La trilogia del volo, La partitura, Il sonno delle viole, Un parlare d’acqua, Solargento, Memodía, Silentissime, Ad lucem per undas, Amare serve, Illuminillime, Rodografie, Buona parte del giorno, Consapevolvenze, Asincrono scacchiere, Eventi primi) sue notizie si possono trovare al sito http://luciagaddo.altervista.org/ hanno parlato e scritto di lei tra i maggiori critici del novecento italiano (Giorgio Barberi Squarotti, Roberto Carifi, Maurizio Conconi, Francesco De Napoli, Giulia Lanciani, Giuseppina Luongo Bartolini, Sandro Montalto, Luciano Nanni, Walter Nesti, Giorgio Poli, Cesare Ruffato, Giacinto Spagnoletti, Mauro Stefani, Claudia Manuela Turco, Nicola Vacca, Vittorio Vettori, Giorgio Linguaglossa, Elio Andriuoli). Qui una intervista https://vimeo.com/luciagaddo/salottino.

Illuminillime, Cleup, Padova, 2011

Qui la poetica gaddozanovelliana si dispone al lettore dopo la nota dell’autrice in cinque sezioni (albescenze, radianze, vespero, lùnule, prillio) e l’appendice finale curato ancora dall’autrice. È chiaro che parliamo di una delle voci poetiche più determinate, incontestabili, spoglie da preconcetti, e pronte a giurare alla scrittura poetica la superiorità difronte ai tormenti e la superiorità e la classe nella ingenua lotta dei contrasti. Questo è possibile grazie ad un punto di osservazione scientifico, naturale solo in alcune tenerezze volutamente astratto. L’opera di Zanovello è una narrazione poetica di metodo e condensazione, costruita e architettata interamente sulla ricerca collezionistica e visionaria che riesce continuamente a scattare verticalità e ideali costruiti e proiettati in contesti mai completamente definiti, quindi assoluti “Il sole buono di un amore/ a rischiarare quel che resta, l’indizio,/ ciò che fu d’avanzo alle erinni della storia/ e della mia storia./ E così scrivo,/ di sottile lima di lama/ che sottolinei la vena che pulsa” (da “Prova del nove”, p. 102). Che questa sia una poesia della luce nella sua assenza, che sia una poesia d’acqua nella sua assenza come il presupposto iniziale continua ad ogni poesia sempre più intenso, fin tanto che il volume della traslazione sia immaginifica che filosofico/spirituale porta il lettore poetico a considerare l’epicentro dell’esistenza come una rotta definita di paesaggi possibili “sulla seta di un dono/ che riposa pago/ va l’anima/ non ferma il corso radente/ sulla terra/ esalta il curvo andare/ della gioia in salita/ nella plenitudine rosa/ che va al ghiacciato della cima/ incoronato/ del viaggio/ sulle spalle ardite/ della conoscenza/ vede l’amplesso della luce/ il mondo che muove/ nel suo chiarore azzurro/ sponda e loggione/ che spinge al volo” (da “Paesaggi”, p.117)

Un libro sulla luce

“Un superlativo esasperato” come dice Zanovello, dove la scrittura sostiene un messaggio preciso, “continuare ad amare” non per ideale romantico, ma come resistenza impressa nell’anima. Certo non si continua ad amare chi nel ritratto alla nostra mente è buio, cioè nemico. Per quello esiste il sapersi tutelare, proteggersi e lasciare andare a una sorta di damnatio memoriae qualsiasi male: per l’amore invece, l’unico sviluppo conveniente pare essere una abitudine possibile alla passione. Questo è piuttosto naturale dal momento che l’amore è la bolla, la culla, la tenda dove solo le anime unite possono scaldarsi e congiungersi, si tratta di una poesia sul tema dell’amore assoluto come identitario di uno scandaglio mai banale e mai patetico, piuttosto come utopia realizzata nel privato e quindi continua di progressivi sviluppi pubblici. L’attenzione alla sonorità è qui opportunità continua di ricerca che non finisce semplicemente per essere ricerca poetante, intellettuale, artistica. Ma è soprattutto un voler dire e sentire di volere e potere dire “qualcosa di meravigliosamente vero e utile”.

Infinito futuro

La rondine grida

nel vespro suprema

e il pianoforte gobbo

tace ogni gioia.

L’incanto giace

Nella nuvola del desiderio

Che oscura il sole della mente.

[…]

La dritta via separa i mondi,

divide grano e loglio

[…]

distoglie i rami dell’appoggio

disvuole brame svelte nel dispiacere

annoda corone di promesse

all’infinito futuro

dello spero, promitto e juro.

Il constatare evidente di questo dolce trionfo dell’innamoramento dove la parola, la ricerca poetica e il sentimento si incontrano è soprattutto il modo in cui si portano avanti i veri poeti tra quelli che restano per lo più impercepiti. Non è possibile alcuna rincorsa davanti all’atto dell’accadere del tempo, nell’incedere della fiducia, nel miracolo epifanico della nascita “del vero sentimento” come una sensazione così luminosa che quanto mai incede in noi come oro, pioggia notturna, come un mito indipendente. In questo senso “Illuminillime” è l’augurio a cogliere l’eccezionalità di chi amiamo come dono da tenere gelosamente presso il sé, perché non venga conservato da qualcun altro, perché non se ne smarrisca la lucentezza della intimità, del perseverare nelle voci interiori che l’umana condizione il più delle volte indebolisce come di fronte allo scoraggiamento della malattia, o al lutto. Il lutto e la malattia non sono una questione di competenze, soffrono allo stesso modo un bambino e un anziano, una moglie o una madre. Senza luce e senza luna sembrano andare lutto e malattia, eppure è dato agli uomini simbolizzare ogni dono particolare, non lasciarlo svanire sotto il bisogno compulsivo del successo e dei soldi. Certo non è sufficiente oracolare in poesia, ma è determinante comprendere l’umanità e la finitezza, abbandonarsi alla luce come ipotesi di formidabile vittoria, come promessa di comprensione e amore. Questo non ci pone più vicini alla pietà né alla umana clemenza, realisticamente il pensiero evoluto ci porta a tenere unite le forme di concezione maggiori, i più puri modi per leggere una opera e apprezzarla. In questa radicalità vera e vitale esiste la scintilla divina che vediamo nell’altro e che ci fa innamorare; la poesia attraversa questo ponte, ne modula i tempi e gli equilibri.

Continuamente

Così ineguale è il viso della gente

che riappare nei cerchi d’acqua della mente

flusso che accompagna ed infutura

e del dolore non ricorda niente.

Aprire quindi la porta ai sogni non è solamente immaginarsi tra i vincitori del Pulitzer per la letteratura, nei dettagli della mano nella mano, nelle immagini di teste vere e menti amiche, in scene tenere di successo e bellezza. Al di qua del paradiso continuamente la poesia riappacifica, ci tende fedele alla riflessione umana, ogni tanto ci offre un caffè come fa un fidanzato con la fidanzata che è stanca e che magari non ha più nemmeno il tempo per leggere il giornale. La poesia ci spalanca l’evidenza del segno che sta nel segno, nel racconto dell’ex fidanzato che invece si trova ad essere un personaggio poetico, nelle storie di vite belle e dannate o sante e dimesse, in questo grande dettaglio di scarpe messe per la prima volta per lui e con lui, nei dettagli di quelle calze nere che hai messo a quella mostra e lui le ricorda ancora con appetito. La pagina è l’obelisco della piazza, ma la piazza è il libro: il libro racconta la gonna allo specchio, la gioia delle foglie, la lettura come gesto erotico.

La lettura

L’ ora di carta si sfoglia lentamente

e non cadono petali di suono nella stanza

oggi come ieri tutto scende,

per una china dolorosa in abbandono.

Cresce l’anno come l’ombra della sera

E tu non sei a fare luce nella solitudine

Vuoto lungo di attesa che si trama

Delle aracnidi bave dell’ineluttabile.

Forse è tarato greve il silenzio

Sopra un invito inudito,

forse si è chiusa con il vento dell’oblio

la porta del sorriso

aperta da un antico viso.

Forse il tono acceso di un timore cupo

È ritratto scolpito nel segno di un diniego

Dispetto sdegnato, disfatto ripiego

Del volgersi indietro rifratto

Alla folgore di un cero sciolto invano.

News Reporter
Sabatina Napolitano è nata a La Maddalena (SS) il 14 maggio del 1989. Ha pubblicato otto libri di poesia. Suoi testi sono usciti su Nazione Indiana, La poesia e lo spirito, Neobar, Bibbia d’asfalto, Poesia del nostro tempo, Gradiva, etc. Alcuni racconti su Quaerere, l’Incendario, Sguardindiretti. Origami è il suo primo romanzo edito Campanotto, 2021. Recensisce, collabora e intervista autori di poesia, narrativa e saggistica ed è una studiosa dell’opera di Nabokov. Edita, corregge, insegna, intervista, recensisce, scrive.
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