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L’autore

Giovanni Minio nato ad Agosta (RM) 5 agosto del ‘55 è poeta, novelliere, pittore, scrive da giovane età. Ha vinto numerosi premi e pubblicato diversi libri. Ha sempre vissuto a Roma. Noto anche per la sua versatilità che lo vede esprimersi anche con l’arte pittorica. Svolge l’arte della poesia e della pittura e allo stesso tempo si interessa di counseling. È impegnato oltre che in progetti artistici anche in attività umanitarie.

Libri d’arte: la scienza del sentimento 

Oggi parlo di questo libro di Giovanni Minio dal titolo Variabilmente (Edizioni P.L.D.O., 2012, pag. 78) con prefazione di Pasqualina Genovese D’Orazio, presidente dell’Accademia Francesco Petrarca. Nel Fedro Platone scrive «V’è una terza forma di esaltazione e delirio, di cui sono autrici le Muse. Questa, quando occupa un’anima tenera e pura, la sollecita e la rapisce nei canti e in ogni altra forma di poesia, e celebrando le infinite opere del passato, educa i posteri. Ma chi giunga alle soglie della poesia senza delirio delle Muse, convinto che la sola abilità lo renda poeta, sarà un poeta incompiuto e la poesia del savio sarà offuscata da quella dei poeti in delirio». La storia dell’arte ci ha insegnato che i pittori spesso hanno scritto poesie e che come diceva Kant la poetica intesa come estetica è “la scienza del sentimento”. Con questo sto a dire che è dimostrata la tradizione di alcuni pittori dell’identificare spesso la lirica con l’arte pittorica, e dilatare i confini di questa corrispondenza. Il criterio critico che guarda alle potenzialità allargate di pittura e poesia probabilmente non è lo stesso, tuttavia pittura e poesia possono reinventarsi nei generi. Anna Maria Gargiulo scrive delle poesie di Minio e “dell’etica di un mondo che si incarna nel dubbio”, che “trova espressione nei sentimenti interrogativi”. Il fatto è proprio che la poesia si incarica di ridurre la domanda sull’esistenza, mentre la pittura rompe la sintassi logica, abbatte le probabili interconnessioni che esistono della mediazione logica ed emotiva. Se quindi l’interrogativo artistico risponde quasi sempre al dimostrare il disagio del vivere, la poesia ne anticipa la sintassi riuscendo ad indagare la morte delle cose laddove l’arte ne esalta le vitalità. Se alla poesia è affidato un livello di comprensione più coniugato alla morte, alla pittura sfugge sia la velleità della comprensione totale, sia la fissazione per la tradizione e le formalità. Se per dipingere c’è bisogno di un atto così assorbito nell’istinto, per scrivere l’ispirazione non è inclusiva, non è istintiva. Di conseguenza è naturale considerare che pittura e poesia non siano nature di un «doppio», ma che siano veri e propri «confronti di mondi». Adattare il linguaggio pittorico a quello poetico, coniugare le due retoriche è uno degli esercizi più confortanti del mestiere del vivere. 

L’effetto della pittura di Minio

È inevitabile considerare che un effetto di sensibilità scaturisce della pittura di Minio.  Del resto occorrerebbe riflettere sul bisogno artistico di apportare nuove formule per analizzare il mondo. Joseph Kosuth in «L’arte dopo la filosofia. Il significato dell’arte concettuale» scrive: «occorre separare l’estetica dall’arte perché l’estetica tratta le opinioni sulla percezione del mondo in generale. Nel passato uno dei due poli della funzione dell’arte era costituito dal suo valore di decorazione. Così, ogni settore della filosofia che si occupava della “bellezza” e quindi del gusto, doveva inevitabilmente discutere anche di arte. Da questa “abitudine” derivò la nozione che esistesse un legame concettuale tra arte e estetica – il che non è vero». L’urgenza della pittura non è quella della fotografia, così come la pratica della pittura non dimostra la realtà ma cerca di decorarla, educarla in un qualche modo alla propria apertura critica. È così che l’intenzione concettuale della pittura si avvale della struttura del discorso poetico. Ancora Kosuth nello stesso saggio «Essere un artista oggi vuol dire mettere in questione la natura dell’arte. Se un artista discute la natura della pittura non sta mettendo in questione la natura dell’arte. Se accetta la pittura (o la scultura), accetta la tradizione che l’accompagna. Questo perché la parola arte è generica e la parola pittura specifica. La pittura è un tipo di arte. Dipingendo, si accetta già la natura dell’arte (e non ci si interroga su di essa). […]»

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News Reporter
Sabatina Napolitano è nata a La Maddalena (SS) il 14 maggio del 1989. Vive ad Asciano, nelle Crete Senesi. Ha pubblicato otto libri di poesia. Suoi testi sono usciti su Nazione Indiana, La poesia e lo spirito, Neobar, Bibbia d’asfalto, Poesia del nostro tempo, Gradiva, etc. Alcuni racconti su Quaerere, l’Incendario, Sguardindiretti. Origami è il suo primo romanzo edito Campanotto, 2021. Recensisce, collabora e intervista autori di poesia, narrativa e saggistica ed è una studiosa dell’opera di Nabokov. Edita, corregge, insegna, intervista, recensisce, scrive. Appassionata d'arte scrive articoli, comunicati e saggi d'arte antica e contemporanea.
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