“Forse fuori. Forse un ritorno al passato. Al prima della casa. L’errore era stato quello di perdersi dentro ai percorsi insensati di ciò che era dentro le mura e dentro di me”. Ad un primo colpo d’occhio questo di Leonardo Bonetti (Racconto d’inverno, Marietti Editore, 2009, pp. 204, 16,00 euro) può sembrare un gotico. L’eredità che Bonetti cerca è quella del Landolfi di Racconto d’autunno e Stalker di Tarkovskij. Il romanzo qualche anno fa non è passato inosservato ai giornali come IlSole24ORE, La Repubblica, Il giornale. Non dimentichiamoci che Bonetti non è solo scrittore, ma musicista, regista, sceneggiatore e poeta. Per i tipi di Marietti ha anche scritto Racconto d’estate (Marietti, 2012) e Racconto di primavera (Marietti, 2010). Per PeQuod invece ha scritto Una storia immortale (PeQuod, 2013), La quercia nella fortezza (PeQuod, 2015), Una relazione pericolosa (PeQuod, 2017). Questo è il suo sito ufficiale www.leonardobonetti.it
Tutti abbiamo letto in vita racconti e romanzi di guerra, per molti probabilmente non sono i più accattivanti per altri sono il genere di lettura preferito. Racconto d’inverno è un romanzo sulla guerra, per tutto il corso della narrazione ci aspettiamo come una rivelazione di un uomo che viene accolto in una casa. In dei tratti è un vero e proprio diario, scritto nel tempo della scena con grande raffinatezza e precisa descrizione dei dettagli. Bastano pochi capitoli per accorgerci che leggiamo un romanzo che si presta all’interpretazione complessa, che si riconosce e si distingue come una narrazione a scopo letterario e filosofico. In dei tratti le descrizioni sono sinistre, il protagonista è indifferente, severo, arrogante. Ma questo è solo un pretesto visivo che nasconde una grande pena e angoscia. Il fuggiasco è per lo più incerto, rigido, sconcertato dal dolore della guerra, della morte. Non è solo la sua personalità a rendere le descrizioni forti e commuoventi. Il fatto è che soprattutto nell’ultima parte del romanzo non possiamo sapere quali reazioni hanno personaggi-altri al racconto perché la scena è fissata solo sul lamento del fuggiasco che in dei tratti assume una teatralità tipica del monologo: mi verrebbe in mente a questo proposito una piega della letteratura di Celan, Ceronetti, Manganelli, Poe. È una scelta determinante in alcuni punti e coraggiosa per uno scrittore. Evitare la spettacolarità dei dialoghi, la descrizione dei viaggi, il riassunto di qualche invenzione fuori dal piano realistico e rendere la lettura drammatica e coinvolgente è una capacità solo degli scrittori imprevedibili e mai scontati.
La casa diroccata de il Racconto d’inverno è immersa in una faggeta con un piccolo rifugio in cui ci sono libri tra la polvere, il gelo, il freddo, i topi, lo sfacelo di trucioli e piccole statue di legno abbozzate dove il protagonista si addentra con uno zolfanello tra pareti con maschere primitive e deformi. Fuori la casa c’è il cortile e il balcone d’ingresso a separare l’ambiente interno da quello esterno.
Armando Polli ne “Il giornale di Bordo” definisce la casa come “casa delle ossessioni” sottolineando il fascino ipnotico della scrittura di Bonetti. È infatti in questa casa che due presenze vivono insieme al protagonista, due fratelli, immagini di un mondo e una realtà di visioni e ombre. Ciò che spinge lo sbandato a muoversi per la casa è la voglia di libertà, la curiosità, il voler a tutti i costi conoscere. Il bambino-guida si mostra invece premuroso e silenzioso, mentre la sorella è una figura seducente e bisognosa di amore. Sono orfani, la guerra ha portato loro via i genitori così come continuerà a generare morte nel romanzo. In questa storia intorno ai tre personaggi sembra non essere possibile una svolta, uno dei pochi momenti di amicizia e condivisione è la cena della minestra di lumache preparate dal bambino-guida. La neve fuori, il tozzo di pane sul tavolo, i brevi dialoghi del fuggiasco e del bambino-guida: quando si trovano uno di fronte all’altro dopo essersi cercati per lungo tempo l’incontro è suggestivo. Questo è possibile all’immaginazione del lettore grazie alla capacità di scrittura da regista di Bonetti, il forestiero e la giovane guida assumono tratti noir perchè sono costretti a un’atmosfera di morte lungo tutto l’arco del racconto che supera i due anni.
In questa “terra di nessuno” alla Buzzati lo spazio aperto è pericoloso mentre lo spazio chiuso è buio, impossibile, insensato, spaventoso. I tre protagonisti sono passeggeri e vittime innocenti di una guerra civile che fa tremare e che purtroppo, incuriosisce. Mentre la guida e lo straniero sono “amici”, la sorella e il narratore diventano amanti. In questa atmosfera quale dei tre personaggi è possibile leggere più “in negativo”? Il romanzo lascia all’immaginazione del lettore un riscatto possibile che di fatto non avverrà mai. Quale è il riscatto per una condizione di mancanza, morte e incredulità che apre la guerra? Quale tema è più attuale e suggestivo visto che la storia dell’umanità è una storia di guerre? Probabilmente i tre personaggi assumono una funzione allegorica, che va evidenziandosi o perdendosi nel corso del romanzo. Il campo di uno scenario dove non esiste speranza possibile, la selezione di immagini di morte, fame, sconcerto.
Per tutto il romanzo è sottesa l’atmosfera del “fantasma” che spesso non è il personaggio che si cela dietro quelli descritti nel romanzo ma è molto probabilmente la realtà di una morte: un fantasma è vittima del reale, vittima del giudizio del lettore, del problema della esperienza e dell’esperire. Non è irrilevante che i tre personaggi sono lo specchio di tre fantasmi tanto verrebbe da pensare a quanta assurdità si cela dietro la vicenda, eppure è proprio questa ricerca di verità a rendere l’aria agghiacciante e tormentata. Alla gelida e spietata descrizione forse una finestra interpretativa si apre: il protagonista incarna la voglia di vivere e muoversi in un universo anche se infruttuoso e impossibile, la giovane-guida incarna l’aspetto lirico e tuttavia introspettivo della guerra, e infine la donna incapace del tutto di conciliarsi al reale, indifesa, ferita e ormai senza alcuna possibilità di salvezza è lo sviluppo e la contraddizione insita nell’intensità allegorica di guerra e morte.
Sabatina Napolitano
