Finalmente posso dedicarmi al libro di Annarita Briganti (Alda Merini, L’eroina del caos, Cairo, 2019, pp. 156) che non è stato per me una forte sorpresa dal momento che ho compiuto l’errore (forse?) di guardare prima le interviste e i brevi clip di Annarita sui social (Instagram, Twitter, YouTube). In ogni caso il libro non delude le aspettative: si tratta di una biografia della nostra amata Alda Merini, una delle più eccezionali poete italiane del Novecento, contemporanea e vicina a poeti come Manganelli, Montale, Quasimodo. Il libro raccoglie tra le tante testimonianze anche quelle del cardinale Monsignor Ravasi. Le parole toccanti mi hanno fatto inevitabilmente ricordare il libro di Merini, «Mistica d’amore» edito Frassinelli, che ho letto anni fa come un libro pieno di tenerezza, devozione e mistero. Del resto anche la biografia di Annarita è aneddotica e toccante, scritta con la gentile devozione e fede nella vita. Al contrario di tanti poeti Merini non ebbe una vita semplice, ma la scrittrice vuole restituirne al pubblico il ritratto più intimo e sentito, disegnato sopratutto attraverso le interviste alla figlia Barbara Carniti, alla cugina Laura Bersatello e alla studiosa Ave Comin. Inesorabilmente ogni poeta in vita prima che in morte viene associato a cliché vari intorno alla sua immagine pubblica: molti danno soggezione, altri vengono ritenuti i più simpatici e forse i più capaci a incantare il pubblico e le masse. Associamo all’immagine dell’icona le fotografie di Giuliano Grittini che la riprendono fiera, a volte seminuda ma sempre coraggiosa nell’atto di esporsi al pubblico. Alda Merini non fu un autore vigile anzi spesso è ricordata come controcorrente, erotica e sensuale. La sua vita ha dato luce alle condizioni dei malati mentali all’interno dei manicomi, e ancora oggi scalda i cuori di milioni di amanti della poesia d’amore e non. L’amore è una materia difficilissima in poesia, eppure Merini era franca, confidenziale, fresca nei suoi versi e nella vita. Le mitologie dei poeti contemporanei sono spesso tra loro condivise, la leggenda e la mitologia di Alda Merini non lo è stata particolarmente: il suo genio era eccentrico rispetto a quello degli altri poeti che ha conosciuto in vita. Erano certo anni molto diversi da quelli che viviamo oggi, ma per la poeta aveva la poesia, una valenza fortemente salvifica e appunto mistica. La poesia era strumento di salvezza, non rappresentava solo una scappatoia divertente e un antidoto alla noia e all’abitudine, ma un vero e proprio senso della vita. Chi riesce ad amare così in modo totalizzante la poesia? Oggi pochi e oserei dire quasi nessuno. Nel romanzo della vita di Merini, la poesia è un punto di forza non un più alle abitudini: la poesia è quasi divinatoria, strumento di premonizioni e intuizioni superiori spiegate da una sensibilità oltre le righe. Tutti abbiamo nei ricordi la stanza della poeta, che oggi è possibile visitare e che Briganti definisce «benedetta» soprattutto quando la viveva con le scritte sui muri, pagine, appunti e libri. Tenerezza e mistero sono uniti in un respiro poetico, forse anche questo è sottolineato dal sodalizio artistico con Giovanni Nuti. Tutti ricordiamo Alda Merini con sentimento, nelle poesie forti del suo amore per la vita, nella responsabilità di una coscienza collettiva che incolpa spesso la società di non riconoscere ai poeti un ruolo elitario e fondante nella formazione della cultura. Eppure lei ha smosso la coscienza culturale italiana rappresentando una icona equipaggiata di interrogazioni e meditazioni filosofiche e spirituali. L’impatto simbolico che Alda Merini ha trovato nella cultura italiana resta ancora vivo con filmati, musiche, concorsi letterari a lei dedicati: il dibattito e l’eco della poesia della Merini ancora guida parte della cultura poetica della penisola. Il consenso collettivo trovava legittimità tra i musicisti e la televisione, che restituivano all’autore Alda Merini il carisma della propria opera. Oggi non è così per la maggior parte dei poeti affermati che seppure si trovano a collaborare talvolta con i programmi radio e televisivi difficilmente raggiungono la notorietà di Alda Merini; la poesia sopravvive grazie al conservatorismo dei programmi scolastici, alle case editrici che ancora credono ai versi, e a un pubblico colto che segue i gruppi letterari sparsi sul territorio. Mi sento comunque di sottolineare che sono orgogliosa di poter vivere al centro di una cultura letteraria e poetica che trova ammirevoli esempi che portano avanti pubblicazioni prestigiose e di grande valore, nonostante il cambiamento epocale di inizio secolo. I poeti affermati non rimangono del tutto marginali, anche se resterei stupita di trovarli in prima serata sulla Rai, ad esempio. Potremmo aprire un sondaggio per valutare se il pubblico desidera trovarsi una intervista coi poeti affermati sui canali principali di divulgazione dei media, sarebbe uno studio e una inchiesta letteraria interessante. Questo eviterebbe l’improduttività qualitativa a svantaggio della produttività dilettantistica e inattendibile delle nuove mode in versi che non somigliano in nulla alla poesia. Ma con questo non intendo aprire una polemica, come sapete sono sincera e oramai non mi considero da anni una esordiente. Eppure se si continua a sostenere il dilettantismo coi follower si perde di vista il valore spirituale e quindi sociale di una opera che magari avrebbe consacrato nuovi geni, nuovi veri poeti, nuove vitalità poetiche. La marginalità dei poeti è una delle discussioni sostenute dalla critica militante e non e pare che non ci siano modi per misurare un prestigio rispetto che raccontare la popolarità. Alda merini questo lo aveva già intuito, eppure lei resta una delle poche a credere alla poesia.
Sabatina Napolitano
