Quale è il peccato di Lolita se potesse avere una anima? In Intransigenze Nabokov scrive più volte di non essersi mai pentito di pubblicare Lolita, «quella mitica ninfetta ha un suo fascino tenero e bizzarro», lo-li-ta nome che gli italiani pronuncerebbero con la pronuncia esatta e con una nota di carezzevole malizia. Lolita e Ada perdono la verginità alla stessa età. La prima associata ai prati all’inglese e la seconda ai giardini delle delizie, la prima che ha avuto molta più fortuna perché Nabokov nel 1960 si decise a scrivere una sceneggiatura per Kubrick:
«Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta».
Come scritto da Roberto Calasso in «La follia che viene dalle Ninfe» (Adelphi, 2005) nel 1958 la classifica dei best-seller americana aveva al primo posto Lolita di Nabokov al secondo Il dottor Zivago di Pasternak. E dato per assodato che non si tratta più di pornografia, che al «segreto palese» di Nabokov non viene più associato il sintomo di depravazione; e ammessa che la lezione di Nabokov resta quella della libertà al di là di qualsiasi coercizione ideologica; resta il fatto che la connotazione del tipo psicologico scelto come fenomeno di una reazione non naturale ma piuttosto demoniaca è appunto l’essere ninfa. L’essere ninfa quindi è una funzione non associabile forse solo alla donna che tra i nove e i quattordici anni avrebbe la natura di «ninfetta»; ma è un modello, la teoria di un atteggiamento ammiccante, costruito da particelle di ninfolessia. La ninfolessia è quindi il riferimento a una classificazione della simbologia femminile, le ninfe e qui cito Calasso, darebbero per gli antichi greci «una conoscenza attraverso la possessione». Da qui il termine medico «ninfomania». Ma volendo restare in un sistema culturale la storia della letteratura partendo dall’odissea passando per gli inni orfici, è costellata da queste figure. La ninfa dal latino «nubere» é un essere dotato di straordinaria intelligenza seduttiva. Che per questo è sottile e a tutti i costi raggiunge il suo scopo, che è sempre quello di danzare con Pan, di sposare l’ignoto o semplicemente l’opportunità che dà vita, da cui prendere, la strada meno peggio delle altre. La ninfa quindi non è una donna matura in cerca di uno stato di equilibrio, colta e raccolta in una configurazione di amorevole verità e cura, ma anzi si stanzia con quella presunzione volgare propria della ninfa che in realtà ha una natura amorfa e cristallina perché subdola e pericolosa. Non é solo la donna ossessionata dal sesso o la ragazza precoce, è una entità storicizzata dalla storia delle menti. Quando ci troviamo di fronte alla Ninfa Calipso sappiamo tutti che cercherà con ogni mezzo di raggirare il malcapitato al raggiungimento del suo unico fine: vincere ogni altra presenza femminile. La ninfa è una regina mancata, una regina a cui manca di fatto il trono per nobilità, e il sangue blu che le scorre per le vene. Vale lo stesso per le nereidi che si muovono negli spazi e sopratutto nelle acque come una sorta di sirene ma ben più simili alla natura dell’uomo, più umane in dei tratti come Agave, Ferusa, Alimede. Non so quale uomo di intelletto oggi lascerebbe per passione farsi rubare l’anima da queste figure che ad ogni costo lo venderebbero con la loro magia: lo sapevano bene anche pittori come Ingres, Manet, Tiziano, scultori come Rodin. La ninfa è aggraziata, anzi la ninfa regala ad Apollo «le acque mentali», come scrive Calasso la ninfa è il «segreto palese» inserito da Nabokov nel romanzo ma anche «il nome cifrato della materia mentale». La ninfa come la maga vuole incantare per seduzione, «possedere significa essere posseduti». Lontana dall’essere una femme fatale come i personaggi shakespeariani la ninfa usa la forma per sedurre con lo scopo di possedere per malizia. Che tipo di male possono recare all’uomo? Calipso per sette anni trattenne a sé Ulisse, che alla fine la rifiutò nonostante fosse bella sì e voleva donargli l’immortalità. Non angeli, non demoni, non spiritelli quindi o allucinazioni. Mi domando se la regina Miranda avesse incontrato una Ninfa nell’isola cosa avrebbe pensato, lei così innocente di fronte alle tempeste della vita e poi trasformata in ragazza elegante. Se Miranda avesse incontrato una ninfa invece degli spiritelli? Avrebbe sciolto con lei un rito magico per intrappolare il principe? Sarebbe stata capace di una malizia così tanto profonda da arrendersi a una natura umana? Lo scandalo non è propriamente Lolita, il successo di Nabokov stava nella illuminante perspicacia nello smascherare gli istinti attuali con facili metafore. Chi di voi vuole dormire con una ninfa? Offrirle doni come si faceva sugli altari?
Sabatina Napolitano
