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Ha mai pensato seriamente a una carriera diversa da quella letteraria? In tutta franchezza, non ho mai pensato alla letteratura come a una carriera. Scrivere è sempre stato per me un miscuglio di avvilimento ed esaltazione, una tortura e uno svago – ma non ho mai immaginato che fosse una possibile fonte di reddito. Invece ho sognato spesso una lunga e appassionante carriera nei panni di un oscuro conservatore di lepidotteri in un grande museo.

Nabokov, Intransigenze, Adelphi

Forse Nabokov avrebbe apprezzato un saggio delicato e scritto con il tentativo di creare una familiarità di spirito, l’autenticità è piacevole a tutti. Voglio ricordare l’eroe del suo romanzo La Gloria, che si dimostra in certi momenti sorpreso e in degli altri totalmente estraneo al mondo, per Martin la realtà è una frammentazione immaginaria di una nostalgia imperiosa e per questo fruttuosa. Malgrado il giovane resta per un buon tempo della narrazione di reazioni timide e controverse, proprio perché l’astrazione verso ogni tipo di problema è una reazione seppur controversa, il suo sguardo è lo sguardo di chi ringrazia con sincerità una vita che ha come prerogativa la conoscenza. Questa chiarezza che risponde alle soluzioni della vita con lo stratagemma dello stile è ripresa nei romanzi di Nabokov con intransigenza, con una nobile franchezza che aleggia anche e soprattutto nelle interviste. In Intransigenze Nabokov conferma di essersi formato anche e soprattutto con i romanzieri russi come Zhukovski, Gogol, Dostoevskij e Tolstoj ma di non sentirsi per questo legato in modo particolare a qualcuno. Alla domanda “E cosa leggeva, lei, da ragazzo?” lui racconta che tra i dieci e i quindici anni lo entusiasmavano le opere di narrativa e poesia in inglese, russo e francese come Poe, Keats, Flaubert, Tolstoj, Blok, ecc.  In Intransigenze (trad. di Gaspare Bona, Milano, Adelphi, pp.394) lo scrittore si esprime duramente anche su Tolstoj e Dostoevskij, e su poeti come Eliot e Pound, scrive “immagino però che Eliot e Pound conservino un certo valore sentimentale per i lettori che li hanno scoperti più precocemente di me” -riferendosi agli anni Venti e Trenta del secolo scorso-. Nonostante il Nabokov adolescente si fosse formato quindi sui romanzi di Tolstoj letti e riletti in russo, lo scrittore non ha avuto un influsso su di lui che anzi lo definiva un esempio di “moralismo utilitaristico”. È nella pignoleria di Nabokov considerare poeti come Emerson, Keats e Pushkin incantevoli; scrittori come James Joyce “scrittori di genio” mentre scrittori come Henry James “scrittori di talento”. Il genio è un dono unico, il talento è una operazione artistica intesa più leggermente, che assume un potere sovrano in certe situazioni. In altri termini se da un lato considerava Anna Karenin “il supremo capolavoro della letteratura dell’Ottocento” insieme a “La morte di Ivan Ilic”, dall’altro detestava “Resurrezione” e “La sonata a Kreutzer”: il problema di Tolstoj si porrebbe nella scelta di un “lettore medio” come quello di Guerra e pace e soprattutto nella scelta di uno stile per questo didattico e artificiale. Del resto a Nabokov ripugnano sia i gialli che i romanzi storici e quei romanzi considerati “forti”, “pieni di trite oscenità e dialoghi torrentizi” e annoiano i romanzi politici e quelli a sfondo sociale. Se quindi l’invenzione dell’atteggiamento del Nabokov critico letterario starebbe nell’imparare a distinguere le banalità, evitare la mediocrità e le mode, ignorare i discorsi sul simbolismo letterario e sulle allegorie, Dostoevskij diventa “un mediocre autore che vuole far colpo, maldestro e volgare” questo perché Nabokov era in tutto un precursore del romanzo degli anni zero. Per la generazione degli anni zero sarebbero di certo comiche certe strutture mentali e di pensiero proposte da Dostoevskij, soprattutto se consideriamo della sua opera la grammatica dell’esistenza e l’afflato mistico: emergenze che sono di certo superate in parte grazie alla sua stessa letteratura. Il cambiamento più importante che non è appartenente solo ed esclusivamente alla letteratura russa ma anzi alla letteratura mondiale è la completa emancipazione dagli interessi e soprattutto dalle discipline proposte nelle convinzioni -per il Nabokov maturo- ormai mediocri e sopravvalutate: Dostoevskij propone un “melodrammatico guazzabuglio”, “un misticismo fasullo” imparentato ai gesti intellettuali e al gusto di una epoca che ignora i cambiamenti sociali e antropologici degli anni zero. La letteratura come strumento si può disperdere in organi diversi ed entità nuove, la soddisfazione del lettore contemporaneo starebbe nel ponte e nelle interconnessioni che declinano diversi campi di possibilità senza dimenticare l’eredità del passato. Se quindi la poesia nasce quando il ragazzo troglodita torna alla caverna per gridare “lupo, lupo” pur non essendoci un lupo; così il romanzo nasce dalla natura dell’artista, cioè da una applicazione dello stile, dell’eleganza e dell’immaginazione. La ricerca dei personaggi non è mai di natura psicoanalitica anzi Nabokov respinge il freudismo, non ne vuole sentire parlare di sesso, in modo malinteso e separato dalla sua analisi e per giunta gli è odiosa la nozione di simbolo. Se da un lato Tolstoj e Doestoevskij risultano alla lunga noiosi, dall’altro scrittori come Joyce rappresentano un meraviglioso superamento del conflitto interno, anche se Joyce finisce di “dare eccessiva corposità verbale ai pensieri”. Perché quindi Joyce in particolare l’Ulisse è tra i massimi capolavori della narrativa del Ventesimo secolo? Perché la descrizione del mondo di Joyce lascia spazio alla libertà: libertà di parola, di pensiero e artistica. Se come dice Rorty quindi leggere Nabokov renderebbe meno crudeli, la vita per lo scrittore non è uno scherzo divertente ma crudele, anzi è qualcosa di scintillante e multiforme che non esiste senza un aggettivo possessivo. E sapeva bene dirlo che cosa è vita, uno come lui, che come confermato da Amis nella sua intervista “Dalla signora Nabokov” (tradotta da Carlo Mello e pubblicata Leconte nel 2011) insieme alla moglie ha avuto sempre un semplice motivo conduttore, quello della dedizione.

Sabatina Napolitano

News Reporter
Sabatina Napolitano è nata a La Maddalena (SS) il 14 maggio del 1989. Vive ad Asciano, nelle Crete Senesi. Ha pubblicato otto libri di poesia. Suoi testi sono usciti su Nazione Indiana, La poesia e lo spirito, Neobar, Bibbia d’asfalto, Poesia del nostro tempo, Gradiva, etc. Alcuni racconti su Quaerere, l’Incendario, Sguardindiretti. Origami è il suo primo romanzo edito Campanotto, 2021. Recensisce, collabora e intervista autori di poesia, narrativa e saggistica ed è una studiosa dell’opera di Nabokov. Edita, corregge, insegna, intervista, recensisce, scrive. Appassionata d'arte scrive articoli, comunicati e saggi d'arte antica e contemporanea.
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