Il primo dell’anno è anche commozione e lucidità. Ieri al primo scoccare del nuovo anno ho condiviso su fb una foto del monumento degli origami in Giappone, il monumento alla pace dei bambini, un memoriale per Sadako Sasaki e per le vittime della bomba atomica di Hiroshima che cito anche nel mio romanzo. In una tavolata in Origami si parla di Sadako Sasaki, la bambina malata di leocemia che nel letto di ospedale faceva origami per sconfiggere la malattia, fu suo fratello a spingerla. Il desiderio di Sadako è quello di creare mille gru affinché nel mondo non si producano mai più armi nuclari. Sadako morì di leucemia per delle colpe che non aveva mai commesso, quanti bambini oggi muoiono per colpe mai commesse? E quanti senza alcun rispetto per gli individui si macchiano di colpe nascosti da intrecci colpevoli e messe in scena da allontanare ad ogni costo? La mia produzione non è solo dettata dall’importanza di ogni prospettiva storica che detta la letteratura ma anche e soprattutto da un sincero abbondono di donna. Ho sempre dedicato da quindici anni le mie poesie ad un critico, in Scritto d’autunno (Ensemble, 2019) definisco più volte il corpo dell’autunno, «Tu sposami prima di santificarti nelle poesie (p.38) che l’abito al suo matrimonio/ gliel’aveva scelto il padre/ ch’ero più bella di una sposa, in effetti… (p.81) è il cartaceo di un racconto che leggi pallido mentre ti guardo, è la ferita che mi lasci ogni volta che mi baci, sono le tensioni che mi presenti, sono i patimenti rassegnati mentre non ci accorgiamo che passa ogni mondo, si supera ogni rischio, anche alla fine quello di cambiare il giorno con un bilancio di pericoli, allontanamenti scritti nei tuoi lunghi articoli quando concludi che il prezzo da pagare per l’amore è stare dentro la sofferenza delle parentesi, lasciare che tu ogni anno mi spinga a riflettere su ogni parte di me, che deve appartenere a te (p.75) amare con l’insistenza/ di chi abbandona la timidezza/ chiude i pugni anche quando/ si fa così vivo il corpo (p.55) un’ansia di eterno e di volto,/ con la percezione di essere mondi conclusi, / da ritrasmettere/ anche quando freni i tuoi occhi che sono come pagine/ lasciami libera di parlare del tempo,/ posso ancora raccontare l’entrata,/ lascia che modelli la chiave,/ nei tuoi respiri che mi rendono viva/ ci sono io presente e futura, ci sei tu che godi (p.43) il tuo corpo ogni volta, come neve che si scioglie/ e ci sarà un disegno anche per me, vedrai, qualcuno lascerà gli altri fuori, e verrà a riempire di voglia ogni accapo e ogni virgola,/ segni che mi dicono come preparare ancora le valigie/ nonostante le primavere larghe e decise, / nonostante il fatto che dentro il silenzio/ si trovano le unghie/ e ogni parola sembra latte e vita che si ingoia,/ come una forza dove siamo nessuno e niente (p.41) l’intensità tua è tutta la cura delle mie dita (p.31)». Continuando secondo queste possibilità ho cercato di definire ancora il corpo del critico in Corsivo, non vi lascio le pagine perché non è ancora stato pubblicato, per chi l’ha letto nell’ultima versione del 2020 c’è una sezione erotica a mio parere veramente molto bella, con una certa intensità non solo ricca di movimento interno e pathos, ma soprattutto consapevolmente appartenente e costruita su un analisi di uno stile complesso e ramificato «Nudo. Nudo mi possiede/ con silenzi brevi e con dita leggerissime/ viene qui sul mio monte di Venere. […] mi striscia la barba addosso,/ scuotendomi l’anima, aprendomi le cosce. […] Prima le dita, poi le date, poi scivolare/ i dieci anni, il tempo, i libri […] è un animale mentre sono nuda,/ perde quell’innocenza che guardate/ tutti su youtube […] perde ogni allegoria,/ anzi perde il controllo accaduto/ come quando lo vedete libero dalle catene/ ma anche quando sorride/ io gli ho messo dentro le mie catene/ con i miei sensi, i liquidi/ con quello che gli preparo da mangiare./ Vi ingannate a pensarlo diviso./ Abita le mie prigioni nascosto e taciturno/ anche quando sembra libero:/ non è libero, accade in unione a me/ accade facile solo in unione a me/ e gli piace trasformare tutto/ per accadere di nascere meglio/ soprattutto la notte/ quando le mie braccia non sono controllate/ e non lo sono nemmeno le energie. […] Lo lecco per dirgli grazie e perché lo amo./ È buonissimo come cosparso di cioccolato fondente/ è prezioso come una saporita crema per le gengive./ È morbido e ora diventa piccolo come un vulcano/ spento, diventa piccolo come un tetto crollato. […] Lui è mio e solo mio, / è ciò che mi fa essere vera/ qualcuno mi presenta. […] Mancano tre giorni al nostro matrimonio,/ muoiono le ladre, prendi un tuo ricordo / di giugno mettilo sul mio velo come un figlio. […] Le pentole tentano i segreti che ci diciamo/ così i vestiti nell’armadio si gonfiano dei nostri umori/ e sul tavolo le stampe dei pomeriggi. / Sforzeremo in noi un’altra follia di oceano,/ se ti tocco sei l’India ancora, sei l’America,/ sei la Russia/ sei tutto l’inverno che grida il tuo eros/ cucito addosso./ Perdonami se ti perdono me stessa/ mi perdonerai se ti perdono fuori dai tuoi uffici. […] Lui mi chiama col corpo./ Gli ho detto per email di proteggere il mio corpo/ dopo aver lottato tutti questi anni./ Gli ho chiesto di proteggere il mio corpo,/ di proteggere le sinestesie e interpretarle». Ci sono altre parti che verranno analizzate e faranno la loro storia, ma non voglio togliervi il gusto di leggere il libro. Passando a discorsi più divertenti, insomma ma cosa piace al critico italiano? Logicamente al critico piacciono i libri, piacciono anche alcuni libri di poesia, e sì non solo scrive recensioni, ma anche e soprattutto curatele. Al critico italiano da buon italiano piace il calcio (vedi Maradona, Messi e altri calciatori che vanno e sono andati per la maggiore negli ultimi anni). Al critico italiano piaccio io, in quanto me Sabatina, gli piaccio così tanto da guardarsi ogni sera i miei video su youtube come se fossero film, e si rammarica quando finiscono. Al critico piaccio molto io per come sono nata con la mia storia, piaccio io e mi cerca ovunque, mi prende in giro per il mio cognome (vedi “buco”, “berretto”, “culo”, “fortuna”, “poli”, ma soprattutto car/tine e mappamondi). Insomma diciamolo, il critico italiano mi ama, mi segue e mi vuole bene. Vorrebbe vedermi al suo fianco e gli piacerebbe che io avessi il successo che merito, parla ai presentatori, ai giornalisti e nella tv lasciando intendere che lui esplicitamente è unito a me, perché lo fa? Per interesse politico e di successo? Credo di no, lo fa perché si è semplicemente innamorato di me e mi vuole bene. Non è corrotto, il critico italiano è giusto e buono. Chiede solo di entrare, entrare dentro me. Mi chiede in ogni gesto che fa, di entrare. Ammetto che in passato pubblicavo delle foto più sciocche di quelle che ora posso pubblicare sui social, e nonostante questo con severità credo vivamente che l’espressione di una personalità che si rapprende in un destino per lo meno logico non esprime erotismo attraverso pose umilianti, in internet noto che è piuttosto diffusa l’idea che l’amore e quindi l’erotismo siano l’espressione umiliante del sé di una donna. Come ripeto da anni, l’amore passa per un rapporto di richiesta ma che resta sempre nell’ambito della dignità intellettuale. Non si vada scambiando la patologia, o una qualche forma di patologia per erotismo, che sono due cose profondamente diverse e inappartenenti. L’amore del critico e il lavoro del critico è pulito, non ha nulla di sporco ed è così nelle sue fantasie. Il lavoro ci obbliga ad avere a che fare con personaggi di ogni estrazione sociale e ogni forma, ma non per questo ne condividiamo le perversioni e le malattie. La mia poesia esprime anche e soprattutto questo genere di idiosincrasie, e si allontana ferocemente dai modelli che pretendono di diventare straordinariamente veri, invece non restano che arditamente squallidi. L’amore offre una trascendenza, una porta sublime a cui l’amato può bussare e chiedere permesso per entrare. Tuttavia la passione si regge nel campo e nel disegno della purezza, perché ripeto, il critico non ha niente di sporco, è anzi mosso da un universo mentale umano e comprensivo per cui non ha fantasie volgari o mosse da assuefazioni spregevoli. È abbandonato occultamente a dio, e ogni suo cambiamento è espresso da questa legge anche nel momento in cui con tutto sé stesso la nega. È privo di vera cattiveria e anzi la sua volontà si muove verso tutto ciò che è cultura, tutto ciò che segue la piramide gerarchica di quello che gli ha dato vita. Non si è mai tirato indietro anche quando ha dovuto immergersi nel terremoto culturale di certi spiriti che gettano assurdità al puro scopo di un vivere ormai, del puro istinto, morboso. Il critico quando si lava la faccia, lascia l’acqua pura come quella di un santo e applica il suo occhio alle oscurità degli altri immergendosi nelle psicologie più subdole spinto dal potere esercitato del suo mandato. Se Nabokov non avesse preso le distanze non solo dai depravati sessuali ma soprattutto dai malati, non avrebbe potuto di certo insegnare e scrivere. Al suo modo, al modo di Nabokov, il critico non si è allontano dalle sfide che ha dovuto vivere anche e soprattutto per lavoro. E lasciatemelo dire, anche e soprattutto nella prospettiva di dare prestigio e memoria ai miei risultati. In dipendenza da questi reciproci obbiettivi, il critico, si è sempre mosso dal principio del suo mandato, cosciente che ciò che insegnava e studiava era la vera verità a cui io come autore e persona storica appartengo in toto. L’attenzione alle opere della letteratura circostante è stata esclusivamente mossa dall’interesse ad amarmi. Questo perché lui colloca le sue fantasie, solo nelle parti di sé che gli restituiscono il carico degli anni che lui custodisce dentro, ed è totalmente inutile cercare di attribuire finzioni e importanze che lui non dà. Lui legge la depravazione così come la leggeva Nabokov, con gli occhi carichi solo ed esclusivamente del suo pathos, quello che intende vivere privatamente lontano dal confessarsi pubblico. Di tutti gli altri non si interessa, soprattutto delle donne, le sue sono risposte alla realtà delle cose da cui lui ne resta distante sempre sia dalle forze psichiche, sia dai loro per quanto sciocchi e insensati io.
Sabatina Napolitano