Il critico quando si siede a tutte le sue scrivanie per prima cosa cerca le parentele, non sei un buon critico se ad un certo punto della tua maturità professionale non ti saltano subito per ogni nome almeno cinque parentele di genere o stile. Sicuramente poi lascia qualche dubbio alla fine delle note e delle citazioni affinché il suo affermare doni impressa la sensazione del successo e che sia comunque una sensazione contagiosa e potente. Per questo il critico è vero, ma anche la critica è vera, si sognerebbe di ricoprire il posto di una attrice e quanto mai calzante è la mia natura vera dal momento che come tutti sappiamo, anche la moglie di Nabokov si chiamava Vera e gran parte del lavoro di Nabokov è stato da lei raccolto. Se dovessi ereditare una parte, vorrei di certo legittimarmi come quella di Vera Nabokov e prendere il nome di “Corsivo” naturalmente. Quando il lettore medio legge non potrà mai sostenere l’atmosfera che invece è in grado di elargire il critico alla prima lettura di un romanzo, l’ho visto più volte mettersi la crema alle mani, bere dalla bottiglia, sistemarsi la lampada sui fogli e sul pc, spingersi con la sedia più sotto alla scrivania, a volte addomesticandosi coi piedi caldi nelle scarpe morbide. Gli ho raccolto i libri da terra e glieli ho riposti al loro posto, sulla scrivania dove li voleva, guai a spostarglieli, a volte si arrabbia altre se li dimentica di averli presi dalla libreria. A volte mi sono seduta vicino a lui, e mi sono stretta al suo braccio mentre scriveva, così per stagli più vicino. Così anche mentre guardavamo un video su youtube o un documentario, e muoveva con le dita la matita sul tavolo nervosamente prima che lo baciassi. Quante volte l’ho guardato distrarsi dal leggere, guardare fuori dalla finestra e poi toccarsi i capelli e portarsi le dita alle labbra o sorridere senza che io conoscessi il motivo del suo sorridere. Per non parlare delle volte che, durante la lettura, nervosamente spinge la lampada, la muove e la sposta, così come quando apre i Meridiani, i libri Adelphi o i romanzi di Tolstoj, Joyce, Austen, Stendhal. Si toglie gli occhiali, si strofina le palpebre e guarda nel vuoto nei suoi minuti di estraniazione, astrae, diverge, vorrei essere nella sua estraniazione e in ogni sua distrazione. Così come vorrei essere nelle sue tazze di caffè, come nelle tende delle sue finestre mentre legge il mio romanzo ancora e sembra divertito. Io mi guardo allo specchio, cammino nel corridoio e penso che la lettura di un critico non è affatto quella di un uomo qualunque, un uomo comune, un lettore medio. Anche se sembra rilassato e buono, sicuramente cova una certa forza trasformatrice nel tentativo di arginare le sue difese e la timidezza nel volermi dire grazie. La sua lettura è come quella di un amante, ogni volta, fiero e coraggioso (ci vuole una buona dose di coraggio per approcciarsi da estraneo alla scrittura di una scrittrice di cui sei innamorato) evidentemente per quella ragione cade un raggio di luce a rigargli il volto, mentre si sistema sulla sedia i bordi della camicia o prende per i bordi le maniche del maglione. A volte legge in pigiama, quella posa è la più accattivante per me che nel frattempo resto a scrivere, guardandolo. D’altra parte in questi giorni ho dedicato un po’ di studio ai video su youtube di Nabokov, che trovate raccolti qui e qui. Ce ne sono degli altri, non li ho ancora selezionati tutti. A ben vedere Nabokov sorride ed è morbido, peccato che non tutti i video si vedono a colori. Fortunatamente il piacere che descrive nello scegliere e trovare sui monti una farfalla diversa dalle altre, non è il piacere che si può trovare in delle giovani donne o studentesse (per quello rimando ai miei prossimi scritti sul senso morale nell’opera nabokoviana e per la figura del depravato come appunto era Humbert), non solo per questo a parere mio il genio di Nabokov è insuperabile. Ci sarà o non ci sarà quel lupo che grida fuori dalla caverna, in ogni caso in Lolita, ad esempio, Annabel muore quattro mesi dopo essere stata vista insieme a Humbert Humbert mentre cercavano di andare al sodo nascosti in un anfratto agli occhi di tutti, tranne che di due che,- guardando poi- facevano il tifo. Nabokov la fa morire a Corfù. O ancora nei passaggi a più alto grado di ironia Valeria fa cenno al tassista per indicarlo come l’amante, quando Humbert davvero non riusciva a guardare in faccia alla realtà. Il taxi che aspettava fermo era lì perché il conducente era l’amante della moglie di Humbert che era troppo distratto da sé stesso per comprenderlo prima di tutte le rivelazioni. Sono le scene e i passaggi geniali in Lolita a farne non solo per questo un capolavoro inimitabile. Cogliendo la palla al balzo voglio dire che per una donna che scrive esistono delle fantasie, cerchiamo di non essere bigotte. Credo che una delle mie fantasie più radicate sia anche in quell’aspetto “accademico” dell’esserci del critico, quella forma pura di compartecipazione innocente e così vitale da chiudere il critico nella vera forma. Ma fuori dalle aule il critico continua ad essere così, a mantenersi nella crisalide dell’accademia? Sì, e credo sia la sua più tenera e inconfessabile croce. Il critico non può fare a meno di dimenticare il suo abito, in ogni parte e momento di sé. Il fatto è che molto spesso il critico pecca di una disorganizzazione oggi, in particolare credo che sarebbe stato piuttosto grottesco trovare un Nabokov alle prese con le dirette su fb o youtube. Credo si sarebbe rifiutato. Sono convinta che nelle dirette o nelle registrazioni agli eventi, il critico debba stilare una strategia severa al fine di non muovere l’intero intervento o l’intervista, così come la presentazione o il colloquio, in un teatrino e/o un altare narcisistico (come di chi meglio riesce a duettare e riconoscersi sul palco del sistematico istinto seppure intellettuale e colto). Così il critico diventa vittima dei social, senza potersi liberare della maschera che suppongo sia priva di quei coriandoli citati da Nabokov nella sua intervista ai giornalisti italiani. La forma del critico è fondamentale, oltre il corpo. Reputo che la forma per me più eccitante, e lo confesso con timidezza, resti quella dello scrupolo della strategia; senza strategia anche il migliore tra i critici resta un impulsivo, un istintivo. Ammetto che negli anni sono stata più volte una senza cervello, ho vissuto dei momenti stupidi, lo ammetto. Ma col grado di cultura che mi sono ritagliata e che coltivo oggi, posso dire di volere reagire alla mancanza di cervello dove “cervello” equivale sempre e soprattutto a “strategia”. E con questo mi sento di cuore di indottrinare in modo piuttosto esplicito chiunque voglia approcciarsi alla classe dei critici italiani e non come ad una classe di uomini pregni di buona fede, vi prego di credere che non è così e sempre, partite da una strategia privata perché questo, come ogni altro mondo, è un mondo di strateghi a tutti i costi dove l’autenticità e la genuinità fallisce. Il fine non è lasciarsi apprezzare pubblicamente, ma anzi, credo che il fine sia piuttosto e giustamente limitante: nessun impulso, nessun tentativo strambo o aria di famiglia. Se la forma del critico nel privato così come nel pubblico è quella accademica (e questo vale soprattutto per quando scrive sui giornali) è opportuno che prima di tenere una conferenza pubblica ne sia preparato con una scaletta precisa, rigorosamente basata sull’autocontrollo e sulla struttura, che non può rimandare a strategie private di attrazione del pubblico. Non mi esprimo su quelli che non hanno nemmeno un dottorato e una laurea e pretendono di avere un potere specificamente accademico perché per quelli, sul serio, non saprei cosa dire mi limito a non prenderne parte.
Sabatina Napolitano