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Sulla letteratura circostante ne abbiamo sentite e dette, così come sulle capre, su Caprera, insomma il senso comune descrive e ha descritto bene l’estensione di possibilità di significato suggerite dal termine, «Caproni». Ieri rileggevo «Lezioni di letteratura» di Nabokov, le riflessioni sull’ultimo capitolo straordinario, «L’arte della letteratura e il senso comune». Nabokov sottolinea chiaramente il senso dello scrittore, e aggiunge «deve essere sciocco e miope l’autore che rinuncia a quei tesori d’osservazione, d’umorismo, e di pietà che da un punto di vista professionale si possono raccogliere attraverso contatti più stretti coi propri simili». Be’ in questo caso, sto scrivendo del libro di un autore, Francesco Deotto che vive a Pordenone (saluto qui gli amici che vivono lì) e lavora a Ginevra. La silloge in questione ha un titolo che si allontana da quella «vituperatissima torre d’avorio» di cui spesso parla Nabokov e anche consiglio caldamente, «Nella prefazione d’una battaglia» edito Italic Pequod nel 2018. Ora un libro con questo titolo s’intende che suoni poco gradevole, probabilmente provocatorio, ma non ci accontentiamo del titolo dal momento che esiste un sottotitolo più pungente «Degli esercizi di una labirintica bestia, o quantomeno, di qualcuno che potrebbe esserle non troppo dissimile». Se quindi anche di bestie si parla, come di capre, Nabokov finisce il quadro limitandosi a suggerire che il senso comune «è un incrocio abbastanza improbabile tra un elefante e un cavallo». I libri che parlano di Caproni è difficile che non suggeriscano una lezione di letteratura, il caso di Deotto è un suggerimento di quella letteratura alta e colta di cui fanno parte non solo le aristocrazie delle lettere ma anche quelle filosofiche. Ma non è il solo a citare Caproni nelle ultime opere, ricordo un libro di poesia, l’ultimo di Andrea Raos (rimando a questo articolo per leggere di lui altre informazioni qui), «caro giorgio/ mio caproni» questo è l’incipit di «o!h» edito Blonk e dedicato a Gherardo Bortolotti (rimando anche a tutta la scuola di poesia GAMMM di cui fanno parte i critici Raos, Bortolotti, Inglese, Giovenale, ecc), Andrea mi ha gentilmente spedito il libro da Tokyo il 9 luglio del 2020 ma già da mesi il punto non è chiedersi il valore della poesia di Caproni, ma scoprire che nella volgarità dominante del senso comune, della letteratura infarcita del senso comune, della scrittura gretta e banalissima esistano libri di poesia che riescono ancora a muovere riflessioni di una classe letteraria, fuori dal senso comune e dal potere (inteso anche e purtroppo come disegno sociale di istinti letterari e facili sorrisi mossi da una grave e profonda maschera del dolore). Come un filosofo abbia deciso di dedicarsi a un libro, una opera in particolare di Caproni, non è una curiosità corretta, reputo invece più opportuna la riflessione idealistica e a suo modo brillante. Deotto scrive la nota al suo libro, parlo della nota di introduzione a Ginevra nel 2016, e con coraggio si impone anche come critico e poeta, dal momento che la sua è una indagine letteraria mossa da componimenti inframezzati da slanci e quesiti. C’è il conte di Kevenhüller che cerca una bestia, sembrerebbe illogico che non esista alcuna bestia, ma per chiudere l’incantamento letterario l’autore cita il Kafka di Der Bau, e tra i ringraziamenti una lista di autori come Alberto Pellegatta, Martin Rueff, Italo Testa, Gian Mario Villalta. Il disegno letterario è fissato, il destinatario è scelto, quindi in questa macchina calcolatrice quale sarebbe la finestra critica dal momento che Nabokov è un postmodernista e sicuramente è molto più vicino alla filosofia di cui Deotto è cultore (vedi Derrida) anziché tanta altra filosofia che non lo attraversava e anzi ripudiava? È difficile che si riescano a inserire in progetti letterari alti personalità che sono del tutto escluse da una logica dettata da una profonda archeologia dei destini, e rimane inevitabile e grottesco che una lista di bestie armano il campo del romanzo così come della critica, ma a noi, dopotutto, cosa importa?

Sabatina Napolitano

News Reporter
Sabatina Napolitano è nata a La Maddalena (SS) il 14 maggio del 1989. Ha pubblicato otto libri di poesia. Suoi testi sono usciti su Nazione Indiana, La poesia e lo spirito, Neobar, Bibbia d’asfalto, Poesia del nostro tempo, Gradiva, etc. Alcuni racconti su Quaerere, l’Incendario, Sguardindiretti. Origami è il suo primo romanzo edito Campanotto, 2021. Recensisce, collabora e intervista autori di poesia, narrativa e saggistica ed è una studiosa dell’opera di Nabokov. Edita, corregge, insegna, intervista, recensisce, scrive.
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