
I primi due romanzi di Cara Hunter mi erano piaciuti tantissimo; così, non ho esitato neppure un secondo ad acquistare il terzo, malgrado le numerose recensioni negative scovate in rete.
È la sua struttura atipica ad aver indispettito la maggior parte dei lettori: alla Hunter viene rimproverato soprattutto il fatto di aver raccontato la vicenda sotto forma di “sceneggiatura” (come aveva fatto Stephen King nella “Tempesta del secolo”).
Il motivo del mio scarso gradimento non è legato tanto alla rinuncia alla “forma romanzo” – ho trovato, al contrario, molto stimolante l’idea di raccontare un cold case attraverso le puntate di una trasmissione televisiva di “true crime” – quanto piuttosto alla sensazione dilagante di noia che mi ha afflitto per molte pagine.
Le dinamiche fra i sei “esperti” (protagonisti della serie “true crime” chiamata a far luce sulla fine misteriosa di Luke Ryder) mi sono sembrate abbastanza insipide e gli stessi colpi di scena – che nelle intenzioni dell’autrice avrebbero dovuto infiammare la trama – sono in realtà fuocherelli che mandano tanto fumo e scaldano poco l’animo del lettore.
Un esperimento narrativo coraggioso ma (almeno a mio parere) non riuscito fino in fondo.
Una sufficienza stiracchiata (dettata forse più dalla mia stima per l’autrice che non dai meriti dell’opera).
Se cercate un thriller mozzafiato… statene alla larga!