“L’opera ripida” di Antonio Nepita: la poesia come ascesa e commiato

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Con L’opera ripida, Antonio Nepita, pittore e poeta calabrese trapiantato in Liguria, ha vinto il Premio Internazionale Nabokov 2024 per la poesia edita, offrendo al lettore un libro di stratificata densità lirica, articolato in cinque sezioni (L’alta luce, La bella luce, Luce radente, Intermittenze, Luce flebile) che disegnano una vera e propria topografia dell’esistenza.

La poesia, qui, non si appoggia a un canto lineare, ma si inerpica proprio come l’autore fa con le sue vette liguri: è un passo da scalatore che precede il gesto della scrittura e anticipa il solco della parola: la penna segue sentieri scoscesi, inciampa nel peso della memoria, cerca squarci di visioni attraverso la materia (“Sulle mura dell’orto / ho sofferto e combattuto, / per salire sulle bianche / piramidi di Liguria”) non senza fatica nel tentativo di sfiorare vette esistenziali procedendo in un percorso spesso ostile dove si arranca alla ricerca di appigli, ma senza fermare il passo.

Non ci sono pause nella scalata di Nepita, nessuna tregua per tirare il fiato. Tutto è un continuo divenire, le trasformazioni dei paesaggi montani, le radure, le valli pietrose che scandiscono le stagioni della vita.

La “ripidezza”, dunque, è etica, prima ancora che paesaggistica e la luce, che dà titolo a ogni sezione, muta angolazione e intensità, diventando filtro dell’esperienza: dall’apertura all’addio.

Nel giro del braccio / tengo stretto il corpo” scrive l’autore in Avvolti, trasmettendo l’affaccio ampio sul mondo, mentre in altri versi la natura appare densa di corrispondenze: “Una nave da montagna / appare nel cielo”. Ma via via l’opera si contrae, muta tono, si fa più intima, più raccolta, fino ad assottigliarsi nella parte conclusiva – Luce flebile – dove la parola si ritira come un corpo che si accomiata “Nulla ti serve e non chiedi rinvii”.

Camminatore e cesellatore di versi, Nepita scolpisce la parola come pietra, levigando immagini nella sua Opera che è insieme una scalata in versi e una resa consapevole: una preghiera trattenuta nella fenditura, da parte di chi sa che solo il passo lento e fedele sa custodire la parola.

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