DEBUSSY – Tra echi romantici e note dissonanti

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Claude Debussy (1862-1918) è tra i più noti compositori e pianisti di sempre, in un contesto tanto francese, quanto mondiale.
È stato considerato simbolista ed impressionista.
Sebbene, apparentemente, questi due attributi non sembrino in totale concordanza, è lecito attestarne la coesistenza, nella figura di tale autore.
La storia della musica e della letteratura, infatti, testimonia la sua frequentazione dei poeti connazionali, appartenenti alla tradizione coeva:  Verlaine (1844-1896), Rimbaud  (1854-1891) e Mallarmé (1842-1898), denominati “poeti maledetti”. È d’altro canto vero che lui stesso dichiara il suo legame (non solo, ma anche) con i pittori impressionisti francesi: Monet (1840-1926), Renoir (1841-1919) e Degas (1834-1917).

La “chiave” di buona parte dei suoi componimenti pianistici (tra i quali i Preludi), oltre ai riferimenti ai due movimenti di Impressionismo e Simbolismo, può essere ricondotta ai predecessori (Bach e Chopin) e contemporanei (Rachmaninov e Scriabin). Come in questi ultimi, anche a Debussy la formula compositiva del Preludio come “frammento” è particolarmente gradita.
Il fatto che ogni Preludio possa essere concepito (come) frammento si traduce in due aspetti. Da una parte, ciò è corroborato dalla brevità e dallo stile. Dall’altra, il frammento è una “parte” che si inserisce nel “tutto”: deve essere, nella sua “piccolezza”, funzionale all’unità dell’opera. A tale proposito, taluni critici musicali hanno a lungo dibattuto sulle influenze da parte di Wagner (1813-1883), rispetto al cui titanismo, tuttavia, Debussy sembrerebbe essere recalcitrante. La stragrande maggioranza di quanto è stato scritto da Debussy corrisponde al cosiddetto “antiwagnerismo” e consiste nel rifiuto di maestà e affettazione. In tal senso, ogni frammento rivela la sua unicità in modo irripetibile, ma non conclamato (come accadeva spesso in Beethoven, Liszt e Rachmaninov).

Tra i 24 Preludi, in primo luogo, ricordiamo “Ce qu’a vu le vent d’ouest”, “La cathédrale engloutie” e “Feux d’artifices”.
Nel primo, è il vento ad essere messo in musica. Viene personificato, come “proveniente dall’ovest”. Stupisce la presenza di irregolarità ritmiche, insieme a dissonanze piuttosto aspre.

Vi è, inoltre, “La cathédrale engloutie”, trasposizione pianistica del dipinto di Monet. Si contraddistingue per accordi cacofonici, alternati a silenzi, che ne testimoniano l’impalpabilità.

“Feux d’artifices” sono dei fuochi di artificio, dalla cui rappresentazione musicale emergono tratti, per certi versi, visionari. Cambi improvvisi di tonalità  -alternate, nuovamente, a silenzi-, glissandi (dal francese “glisser”, ad indicare lo scivolare della mano lungo tasti solo bianchi, o solo neri). Il Preludio si conclude come un vero fuoco d’artificio: Debussy propone una “citazione” dell’inno francese, al termine del brano.

Risulta estremamente difficile descrivere a parole la musica di Debussy simbolista ed impressionista: bisognerebbe ascoltarla.
Infatti, molti altri Preludi sono caratterizzati dal contrasto tra melodie dissonanti e/o esotiche, rispetto a pause che sono veri e propri silenzi, il cui ruolo è fondamentale, nell’universo debussyano.

Per quanto concerne i brani pianistici, oltre alle due raccolte sopracitate, vi sono les “Etudes”, i “Children’s corners”, les “Images” e la “Suite bergamasque”.

Quest’ultima presenta il celeberrimo “Clair de lune”, di cui esiste la corrispettiva versione orchestrale. Melodie soavi (vari accordi) dal ritmo leggermente sostenuto, preconizzano degli sviluppi “eterei”: tutto il brano pare essere un sogno amoroso.
Lo stesso accade, nella “Rêverie” (letteralmente, in francese, “rêve” significa “sogno”). In tal caso, il ritmo è ancora più lento, ma l’atmosfera è carica di passione e totale abbandono.
Infine, delle due “Arabesques”, la prima espone (come dal titolo) degli arabeschi meravigliosi, con toni leggermente malinconici, ma anche profondamente nostalgici.

In ultima analisi, la musica di Debussy non si deve connettere esclusivamente ai due movimenti di Simbolismo ed Impressionismo  -diversamente da quanto asseriscono molti critici musicali-.
Bisognerebbe valorizzare maggiormente le sue origini romantiche e considerarle un “unicum” con la natura della sua produzione pianistica.

Esattamente come nei Preludi, il tutto, dovrebbe essere interpretato e vissuto esattamente come in relazione alle sue parti frammentarie: se, da ciò, scaturisce armonia tra le parti, il compositore riesce a restituire al fruitore dell’opera il suo messaggio intimo, nella sua interezza.
I brani trattati nel presente articolo ne sono l’esempio più evidente.

Stefano Chiesa

Fonte della foto: https://biografieonline.it/biografia-claude-debussy

News Reporter
Milano, 1990. Laureato magistrale e triennale in Filosofia ("Vita-Salute San Raffaele", 110/110, 2014) con un "Erasmus" di un anno presso l'Université "Paris 1/Panthéon-Sorbonne". Ho lavorato come articolista, content creator e intervistatore per "MilanoSud" (2021), "Melegnano Web TV" (2020/21) e "Aracne TV" (2020). Sono stato finalista premiato al premio "Nabokov" (dicembre 2021). Per ogni altra informazione (libri, critica musicale, conferenze tenute, riconoscimenti letterari), ecco il mio sito: "www.stefanochiesascrittore.it" Grazie :D
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