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Molto spesso nell’arco della storia si è messo in contrapposizione due dei più grandi rappresentanti del classicismo viennese e non solo, Mozart e Beethoven, individuandone anche aspetti caratteriali differenti che hanno formato nell’ immaginario collettivo due personalità distinte e quasi scisse fra loro. Nella realta’ storica e specifica il giovane Beethoven, oltre ad aver conosciuto la musica di J.S Bach attraverso lo studio intenso del “Clavicembalo ben temperato”, ad aver avuto come maestro di Franz Joseph Haydn dal quale le prime sonate beethoveniane prendono forte spunto, il compositore di Bonn fu affascinato in particolare dal Mozart più drammatico, scuro, sperimentale e dal suo peculiare utilizzo della tonalità minore.

 La celebre sonata “Patetica” ad esempio attinge le sue origini nella struttura, nella gestualità pianistica e nella drammaticità da una sonata mozartiana, la sonata kv 457 in Do minore, (l’unica sonata in tonalità minore di Mozart insieme alla kv 310). La sonata in Do minore è una sonata importante perché Mozart voleva sfruttare al massimo le capacità espressive e timbriche di uno strumento nuovo che aveva da poco preso piede, il fortepiano, la genesi del pianoforte che conosciamo oggi. D’altronde lo stesso Beethoven insieme a Clementi fu una figura importante per lo sviluppo di questo strumento aumentandone la sua estensione e la sua intensità sonora.

La musica di Mozart da quella Beethoveniana si differenzia tra le altre cose anche dall’influenza di motivi politici, storici e sociali. Mozart mori’ nel dicembre del 1791 quando la Rivoluzione francese scoppio’ pochi anni prima, Beethoven invece attraverso’ tutto questo periodo storico, e in qualche modo dopo il 1799 (fine della Rivoluzione francese) la sua musica si affaccia ad un pubblico diverso e differente. È curioso come Beethoven arrivò a Vienna nel 1792 esattamente un anno dopo la morte del compositore salisburghese e cio’ sembra rappresentare quasi un passaggio di testimone, un’eredità musicale da portare avanti. Si narra di un incontro fra i due avvenuto nel 1787 a Vienna, nel periodo in cui Mozart divenne guida e maestro del virtuoso pianista Johann Hummel. Secondo alcuni fatti Beethoven soggiornò nella capitale austriaca per un breve periodo prima del trasferimento definitivo avvenuto nel 1792. Qui’ vi fu un incontro breve e fugace, secondo cui Mozart senti’ Beethoven in una improvvisazione al pianoforte ed esclamo’: “tenete d’occhio questo ragazzo avrà da dirvi qualcosa”. Per quanto sia affascinante l’idea di un incontro fra i due, non vi sono dati storici certi di questo avvenimento e alcuni di essi sono altrettanto contrastanti.

 Sono presenti molti altri casi in cui Beethoven prende come modello di riferimento Mozart non solo nelle sonate per pianoforte come nell’esempio citato sopra, ma anche nei concerti per pianoforte. Va detto e precisato che Beethoven portò avanti lo sviluppo della forma sonata che coincide dal punto di vista formale con il concerto per pianoforte e orchestra, con la sinfonia e con il quartetto d’archi, tutti generi musicali di cui Haydn fu il primo grande esponente. È risaputo che Beethoven scrisse le cadenze del concerto per pianoforte e orchestra KV 466, ma è altrettanto sorprendente la forte somiglianza tra il concerto kv 491 in do minore e il terzo concerto di Beethoven. In quello di Mozart si ha proprio l’impressione che dietro la “porta” Beethoven sia pronto ad entrare, a rivelarsi al mondo. Prendendo come esempio l’inizio di entrambi i concerti si riscontra un unisono orchestrale dal carattere profondamente enigmatico come una sorta di materiale musicale scuro da cui tutto ha origine. In quello mozartiano è possibile osservare una maggiore incisività rispetto ad altre sue opere, un’incisività musicale che si avvicina alle sonate: kv 457 e kv 310, ma il suo processo compositivo è elusivo e raffinato in cui il solista e’ in costante e profondo dialogo con l’orchestra. Quello beethoveniano ha un carattere fortemente pregnante e perentorio (come il celebre inizio della sua quinta sinfonia), ma cio’ nasce dalla raffinata incisività di quello mozartiano in cui Beethoven porta avanti una dissimile scrittura pianistica, dovuta anche da potenzialità differenti dello stesso strumento.

 È possibile sostenere che Mozart sia stato determinante per l’evoluzione dello stile musicale beethoveniano il cui stile ha anche altre influenze e modelli di riferimento. Ma Beethoven probabilmente ha trovato in Mozart una vera guida personale, forse la più intima e profonda che potesse incontrare.    

Matteo Monico        

News Reporter
Pianista ed interprete formatosi presso i Conservatori di Novara e Milano, possiede una particolare attenzione verso la musica contemporanea e cinematografica.
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