Intervista a Emanuele Stracchi/2a Parte

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Compositore, pianista, direttore d’orchestra

L’universalità di Johann Sebastian BACH

  • A partire da quale momento si afferma come compositore dalla portata universale?

Con la sua opera completa – oltre mille composizioni – Johann Sebastian Bach (1685-1750) riesce ad operare una sintesi del passato, configurandosi come pioniere dell’avvenire. Quando si parla del Kantor possiamo dire senza ombra di dubbio che si tratta della figura più venerata di tutta la storia della musica occidentale, spesso citato da altri compositori come fonte d’ispirazione. Per capirne la statura, possiamo fare dei confronti esemplari, depositari di rivoluzioni universali: c’è stato un solo Kant a scrivere la Critica della Ragion Pura, un solo Newton ad enunciare la legge di Gravitazione Universale, così come un solo Bach è stato capace di comporre il Clavicembalo Ben Temperato. Albert Schweitzer afferma che “Bach è stato un poeta nell’animo”, proprio grazie all’utilizzo unico ed espressivo di acquisizioni del passato, ma con lo sguardo teso verso il futuro. Potremmo prendere ad esempio una data: nel 1740, Bach è organista a Lipsia; un giornale tedesco pubblica un elenco in cui figurano i dieci migliori musicisti di quella regione. Già all’epoca Bach è considerato tra i massimi del suo tempo (organista, più che compositore), ma non il più importante in assoluto poiché giudicato poco alla moda; incredibilmente, circa due secoli dopo (intorno al 1940) un giornale statunitense sottopone la medesima domanda, estendendola ai musicisti di tutti i periodi storici. I giurati e gran parte del pubblico dichiarano che Bach è il più grande di sempre: ciò a dimostrazione che il suo genio universale riesce ad attraversare i secoli. Ma di fatto è stato grazie alla riscoperta di Mendelssohn nel 1841 e alle prime biografie (come quella di Forkel) che Bach viene unanimemente definito come musicista universale.

  • Quali sono le componenti biografiche più significative?

Bach proviene da una famiglia di musicisti. Rimasto orfano dei genitori, comincia a studiare con il fratello, rimanendo in Germania per tutto il corso della vita e ricoprendo, durante l’esponenziale crescita del percorso artistico, degli incarichi presso varie istituzioni tedesche; dal 1723 è Kantor a Lipsia, dove rimarrà sino alla morte. Virtuoso dell’organo e poco interessato alla vita mondana, passa la maggior parte del tempo a studiare: divora tutte le partiture che gli capitano sotto le mani. Quando può va ad ascoltare i grandi del suo tempo (famoso l’aneddoto secondo cui Bach fa chilometri a piedi solo per ascoltare Buxtehude!). Conosce bene la tradizione compositiva tedesca, come quella di Heinrich Schütz ma quando riesce ad ottenere delle partiture come quelle di Vivaldi le studia avidamente, riuscendo ad impadronirsi delle principali correnti del tempo come lo stile italiano e francese. Uomo di profonda umanità, coltissimo, vive dei lutti precoci e tante difficoltà, che probabilmente vanno a forgiarne il carattere; ha due mogli, moltissimi figli. È uomo di Fede: studia le Sacre Scritture – essendo luterano convinto – e compone continuamente, in maniera raffinata, lavorando a ritmi sovrumani (una Cantata alla settimana!), rispettando canoni compositivi antichi, come accade in Fantasia Cromatica e Fuga (in questa, oltre alle arditezze armoniche, ci sono dei forti riferimenti alla retorica antica nell’impianto formale).

  • Cos’è, precisamente, il suo “contrappunto”?

Il “contrappunto” in generale è tecnica compositiva pura, che permette di contrapporre più linee melodiche, combinate secondo determinati precetti e cercando di salvaguardare l’indipendenza delle parti. In ogni composizione potremmo “vedere”contrappunto, lo si può trovare potenzialmente ovunque, anche in una canzone. È chiaro che esiste un discrimine: in un brano contrappuntistico si utilizzano in maniera estesa degli artifici tecnici come l’imitazione, l’inseguimento delle voci, il canone. Ecco, Bach compie una sintesi epocale, poiché il suo è un “contrappunto armonico” – secondo la definizione di De la Motte – cioè comprensibile solo alla luce della tonalità. In Bach l’armonia sorge dall’intreccio delle voci e ciò amplifica enormemente l’espressione artistica e le possibilità del linguaggio. Questo carattere lo rende universale: riuscire a legare insieme armonia e contrappunto è una caratteristica tutta bachiana, leggibile anche come omaggio del compositore alla grandezza del Creatore. Bach infatti intende sempre esprimere attraverso le sue note la sua spiritualità, favorendo la comunicazione dell’uomo con ciò che è Oltre.

  • In cosa consiste, più dettagliatamente, l’universalità di Bach?

Nel fatto che nessun altro compositore è mai riuscito a servirsi di un linguaggio come quello tonale portando a livelli di avanguardia la struttura contrappuntistico-imitativa: in Bach lo scheletro armonico sorge dall’intreccio tra le voci. Quasi come nello “spazio-tempo” di Einstein, in cui vi sono due aspetti coestensivi. Bach riesce nell’impossibile: con una maestria smisurata nell’arte contrappuntistica, ottiene sempre il massimo dell’equilibrio nelle voci, sorrette da una base armonica ben direzionata. Egli pone insieme tanti caratteri a cominciare dalla retorica, passando per la fede, la disciplina, la didattica e la trascrizione, un ferreo rigore scientifico, combinati ad una profonda coscienza contrappuntistica. È persona di intelligente umanità e ciò, probabilmente, gli permette di attraversare i secoli. Queste peculiarità descritte le ritroviamo dappertutto, compresa l’intera Opera per tastiera, basti pensare alle magnifiche Toccate per organo o alle Variazioni Goldberg. L’Arte della Fuga è incompiuta e apparentemente incomprensibile, ma di un’apertura notevole e rimarrà per sempre uno dei più grandi capolavori di tutti i tempi.

  • Quali sono state le considerazioni da parte di altri musicisti di epoche diverse?

Va sottolineato un dato: Bach riesce sempre ad unire tutti. Praticamente, la totalità dei più rilevanti Maestri sono rimasti a lui “devoti”. Ad esempio, Hans von Bülow afferma che si tratta del “musicista dell’avvenire”. Beethoven sostiene che “Bach doveva chiamarsi oceano, non ruscello”. Bernstein, come tanti altri, lo adorava e anche su di me ha sempre avuto un ascendente smisurato. In Bach vi è un’altissima densità di pensiero, che si concretizza in un incredibile equilibrio formale tra le parti. Le sue voci si imitano e cantano in modo tanto particolare, da creare un ambiente armonico inconfondibile. Lo stesso Chopin suona quotidianamente il Clavicembalo ben temperato, da lui considerato un notevole capolavoro. Bach attraversa i secoli, e continuerà a farlo.

Emanuele Stracchi e Stefano Chiesa

News Reporter
Milano, 1990. Laureato magistrale e triennale in Filosofia ("Vita-Salute San Raffaele", 110/110, 2014) con un "Erasmus" di un anno presso l'Université "Paris 1/Panthéon-Sorbonne". Ho lavorato come articolista, content creator e intervistatore per "MilanoSud" (2021), "Melegnano Web TV" (2020/21) e "Aracne TV" (2020). Sono stato finalista premiato al premio "Nabokov" (dicembre 2021). Per ogni altra informazione (libri, critica musicale, conferenze tenute, riconoscimenti letterari), ecco il mio sito: "www.stefanochiesascrittore.it" Grazie :D
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