L’amata immortale di Beethoven – L’amore impossibile di un genio ribelle

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Ludwig van Beethoven. Non proprio un uomo qualunque. Ribelle, appassionato e, a quanto pare, iracondo e intrattabile.
La vita divisa tra passione e malattia. La passione per la musica e una sordità progressiva che diverrà totale. Ma nemmeno allora Beethoven smetterà di comporre. Semplicemente non può farlo.

Tutta la sua esistenza è trainata dal demone della musica. Persino quando esce per le sue passeggiate si porta dietro spartito e penna. A casa, dopo una cena leggera (spesso a base di vino), compone fino alle due del mattino. 750 opere in 56 anni: si può dire che non faccia altro.
È difficile pensare che in una vita, in una mente del genere l’amore possa trovare spazio. Eppure, a quanto sembra, Beethoven era follemente, dolorosamente innamorato della sua ‘amante immortale’.
Così chiama la donna misteriosa cui indirizza le lettere che sono state ritrovate dopo la sua morte.

I due ‘testamenti’ rinvenuti  dentro al cassetto segreto di casa Beethoven

Com’è noto, a nemmeno trent’anni Beethoven iniziò ad avere problemi con l’udito. Condanna peggiore per un compositore non esiste. A partire da quel momento (1802), l’umo iniziò a isolarsi sempre più e a rifuggire quasi del tutto i rapporti umani.

E non che prima della malattia sapesse gestire i suoi doveri di animale sociale con chissà quale aplomb.
Perché, a quanto sembra, Beethoven aveva un pessimo carattere. Iracondo, scorbutico e attaccabrighe, viveva da solo col suo disordine perché nessun servo riusciva a sopportarlo.
Ma per fortuna aveva degli amici. Amici che sorridevano delle sue stranezze ed elogiavano il suo immenso genio. È proprio uno di loro, Anton Schindler, a ritrovarne i ‘testamenti’ dopo la morte. Morte avvenuta il 26 marzo 1827 non per intossicazione da piombo (come si è a lungo creduto) ma per cirrosi epatica.
Il primo ‘testamento’ è quello di Heligenstadt. Una lettera disperata in cui l’uomo racconta come la sordità lo abbia spinto sull’orlo del suicidio. Anche se la rifugge, dice di amare profondamente, disperatamente l’umanità.
Il secondo ‘testamento’ si compone invece di tre lettere. Indirizzate a una donna non altrimenti specificata che Beethoven chiama la sua ‘amata immortale’. Una donna cui giura amore e fedeltà eterne. L’identità della donna resta tuttora ignota.

L’amata immortale: personificazione della musica o donna realmente esistita?

(…) il mio cuore è pieno di tante cose da dirti -Ah – vi sono momenti in cui trovo che le parole non servono a nulla -sii serena, rimani il mio fedele, il mio unico tesoro, il mio tutto, così come io per te; il resto, quello che ci potrà e ci dovrà accadere, saranno gli dei a deciderlo.

(Lettera di Ludwig van Beethoven)

Le lettere, vergate in tre momenti fra il 6 e il 7 luglio 1812 sono state scritte a Teplitz. Città termale della Repubblica ceca in cui Beethoven si recò per seguire dei trattamenti terapeutici. (Proprio come lo scrittore tedesco Goethe, che il compositore incontra e conosce durante il soggiorno!)
Il fatto che le lettere siano state ritrovate nel bureau di Ludwig fa supporre che l’uomo non le abbia mai spedite. Oppure fa supporre che le abbia spedite ma che, per qualche ragione, gli siano tornate indietro.
Alla destinataria Beethoven, tenero e appassionatissimo, si rivolge col confidenziale ‘Du’ (Tu). Pronome confidenziale che, questo va detto, l’uomo non usa con nessuna delle donne con cui è solito scambiare lettere. Secondo alcuni studiosi questa donna non è mai esistita. Visto che l’uomo ha consacrato la sua esistenza alla musica, non può trattarsi che di lei. Della musica. Della sua personificazione femminile.

L’ipotesi più accreditata sostiene invece il contrario. Questa donna è esistita.

A dimostrarlo tutta una serie di indizi. Il riferimento a futuri incontri. La paura di Beethoven che la lettera non le venga recapitata per tempo. Le rassicurazioni continue e la ricerca di rassicurazioni continue sulla fedeltà dell’uno all’altra.

E, ultimo ma non meno importante, il ritratto di donna che è stato trovato accanto alle lettere.

‘Così vicini, così lontani’: Un amore possibile…ma non troppo 

piango se penso che probabilmente non potrai ricevere le mie prime notizie prima di sabato -non importa quanto tu mi possa amare- io ti amo ancora di più -e non nasconderti mai da me (…) O Dio -così vicini! così lontani! non è il nostro amore una creatura celeste -anche più incrollabile come la fortezza del paradiso.

(Lettera di Ludwig van Beethoven)

Diverse le ipotesi sulla identità della donna amata da Beethoven. Fra le decine di nomi possibili gli studiosi tendono a preferirne tre. Giulietta Guicciardi, giovanissima studentessa di Beethoven cui l’uomo dedicò la sonata Al chiaro di luna (1801).

Joséphine von Bunsvik, cugina di Giulietta, nonché allieva di Beethoven a propria volta.

E, per ultima, Antoine von Birkenstock, donna con cui Beethoven ebbe una tenera e ben documentata amicizia. Donne diverse, accomunate da un unico denominatore: quello di essere già sposate e dunque irraggiungibili o comunque non del tutto raggiungibili.

La cosa davvero curiosa è che la donna del ritratto trovato accanto alle lettere non assomiglia a nessuna delle tre. Dunque, invece che sciogliersi, il mistero si infittisce. Che l’amante immortale fosse una quarta donna ancora? È possibile, certo, ma ha davvero importanza?

Salomon, autore di una intelligente biografia di Beethoven, scrive che un amore possibile, una donna fisicamente presente sarebbero stati vissuti da Beethoven «come un ostacolo alla sua missione creativa». Dunque, probabilmente, se questo amore è rimasto impossibile è perché Beethoven voleva che lo fosse. Voleva che restasse lì, negli scantinati della sua anima, a dare alimento al suo inestinguibile genio creativo.

Dopo tutto, se gli antichi consideravano l’arte figlia della sofferenza, un motivo ci sarà.

News Reporter
Umanista visionaria e confusionaria, amo i libri e detesto le autobiografie. Amante del bello che si nasconde sotto le siepi, come lo chiamava Wordsworth, sono visceralmente convinta del fatto che la letteratura possa salvare la vita. Con la mia ha funzionato.
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