Come nei giorni migliori

Sharing is caring!

L’amore tra due ragazzi, due maschi, che si trovano, si mettono insieme, vivono l’esaltazione dei primi mesi e la stanchezza di una relazione lunga, si lasciano, si ritrovano, coltivano un amore che non si esaurisce; tutto questo è raccontato con maestria nella spettacolo Come nei giorni migliori al Teatro India di Roma, brillante opera prima del giovane drammaturgo Diego Pleuteri, diretto da Leonardo Lidi.

Scena vuota, solo i riflettori in alto e ai lati del palco. La voce fuori campo cita Sant’Agostino (una coincidenza con l’elezione di Papa Leone XIV?): ama e resta chi sei. I due ragazzi escono dal buio delle quinte correndo, inseguendosi senza fiato nello spazio scenico, nell’eccitazione del primo incontro: siamo nella Pinacoteca di Brera, dove uno dei due lavora come custode.

La storia è quella di una coppia come tante, il racconto di una storia d’amore. I primi appuntamenti, i film impegnati, la discoteca. Poi la timida proposta di convivenza, forse è prematuro rinunciare ai propri spazi di indipendenza. Il sogno di andare a Parigi a lavorare nella moda, gli scossoni che squilibrano il progetto in comune.

Qualche oggetto fa la sua apparizione durante lo spettacolo. Pantaloncini da palestra, scarpe da ginnastica, maglioni, pantaloni, camicie. E anche secchi, scope, panche che gli attori spostano da un lato all’altro dello spazio a disposizione. C’è una grande energia a teatro e ogni battuta non viene lanciata a caso, ma costruisce una precisa tensione emotiva tra il serio e il faceto, l’ironia e i momenti più tristi. Non si avvertono cesure nella regia, si passa da una situazione all’altra con fluidità grazie alla bravura degli attori che trasferiscono sulla loro pelle le gioie e i dolori di una storia d’amore.

Gli attori sono bravissimi (Alessandro Bandini, Alfonso De Vreese), guitti da palcoscenico, giocano con il corpo, con la voce, con l’incredibile mimica facciale. In scena, temi che ci riguardano tutti. Anche l’esilarante partita a paddle, preannunciata da uno dei due ragazzi come una trappola: non accettate mai l’invito a una partita, c’è la fregatura, soprattutto quando a sfidarti è una coppia di amici, Paolo e Francesca, proiezione dell’inferno in quella sala di allenamento.

Corrono gli attori da un lato all’altro del palco, cambiano gli abiti in corsa, mentre parlano, discutono ora pacatamente, ora violentemente: l’accusa è di essere troppo morbidi, di non arrabbiarsi fino in fondo come fanno tutte le coppie. Che sia un segnale dell’assenza dell’amore?

Sono corpi giovani che amano come possono, nelle imperfezioni, nell’impeto, nelle cadute, nelle illusioni, nei sogni, nei difetti che si rinfacciano. Finalmente la grande litigata arriva, dopo essersi lasciati e ripresi, dopo aver ammesso di amarsi e di essersi cercati anche nella separazione più lunga. Il grande litigio purificatore, che vomita addosso una valanga di storture della mente, colpi difficili da accettare. Servono però, servono per far comprendere e far crescere l’amore che i due ragazzi non hanno mai smesso di coltivare.

Si scava in profondità nella psicologia della coppia, si invoca persino Jessica Fletcher, La signora in giallo, per sottolineare l’attenzione dei ragazzi ai dettagli, alla costruzione e distruzione dei sentimenti, al navigare a vista nella nebbia di un amore più grande di loro.

Nel turbinio della scena, ci sono momenti davvero emozionanti, quando gli attori guadagnano i lati della scena, lasciano il palco sguarnito con quei pochi oggetti disordinati per terra. Ravvicinati, ma senza mai sovrapporsi, riflettono sulla vita in solitudine, nel momento del distacco. Luci puntate sul palco, un microfono per simulare una serata karaoke senza amici, uno dei ragazzi ubriaco, canta L’elefante e la farfalla di Michele Zarrillo, Ecco, questo è stato un momento struggente, da far lacrimare il pubblico nell’attesa che qualcosa di nuovo accada, che si ricomponga l’equilibrio che abbiamo visto crescere all’inizio dello spettacolo.

Quel miracolo accade, però non lo raccontiamo. Un miracolo che scuote la platea gremita del teatro nonostante fosse un giorno infrasettimanale alle 19. E non è vero che a quell’ora ci sono solo anziani in sala. L’applauso meritatissimo sgorga liberatorio, un lungo applauso per uno spettacolo assolutamente da non perdere.

Come nei giorni migliori

di Diego Pleuteri

regia Leonardo Lidi

con Alessandro Bandini, Alfonso De Vreese

scene e luci Nicolas Bovey

costumi Aurora Damanti

foto Luigi De Palma

produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

Visto per voi al Teatro India di Roma il 20 maggio 2025

News Reporter
Andrea Mauri è nato nel 1966 a Roma. Lavora in Rai e si occupa dell’archivio multimediale presso Rai Teche. Ha pubblicato il romanzo mickeymouse03 (Alter Ego, 2016), due racconti lunghi nel libro L’ebreo venuto dalla nebbia (Scatole Parlanti, 2017), il romanzo Due secondi di troppo (Il Seme Bianco, 2018) e le raccolte di racconti “Contagiati” (Ensemble, 2019) e “Ragazzi chimici – Confessioni di chemsex” (Ensemble, 2020), quest’ultimo lavoro insieme ad Angela Infante, Il passo dell’ombra (Affiori, 2024). La recente sua pubblicazione è il romanzo Poison (Extempora Edizioni, 2025). Scrive racconti su antologie, riviste letterarie e blog.
Follow by Email
Instagram