
François Morlupi ci consegna un giallo che è più un’indagine sull’anima che su un crimine. La storia si dipana tra l’Italia e la Bulgaria, ma il vero viaggio è dentro le psiche dei personaggi. A Sofia, un ispettore corrotto e burbero si scontra con un omicidio atroce che sembra sfidare ogni logica. A Roma, il commissario Ansaldi e la sua squadra – i cosiddetti Cinque di Monteverde – portano ancora i segni di un caso passato finito male, con un collega morto e un senso di colpa che divora soprattutto il protagonista. Quello che mi ha colpito non è tanto la trama, pur solida e piena di suspense, ma il modo in cui Morlupi tratteggia le persone. Ansaldi non è l’eroe stereotipato: è insicuro, in sovrappeso, ansioso eppure di una onestà intellettuale che ti fa empatizzare con lui. La sua squadra è un insieme di caratteri molto diversi, uniti da un affetto che faticano a esprimere. L’ambientazione a Sofia, con il suo freddo e la sua atmosfera cupa, diventa quasi un personaggio a sé, che amplifica la tensione. È un libro per chi cerca un thriller che non si accontenta di farti voltare pagina, ma che ti lascia qualcosa addosso. Un racconto sul male, sì, ma anche sulla fragilità e sulla fatica di rimanere umani quando tutto intorno sembra crollare. Una bella scoperta.
Luisa
