<strong>Guido Domingo pubblica il suo primo romanzo: “Nemmeno una virgola”, un inno alla vita a dispetto dell’età</strong>

Guido Domingo pubblica il suo primo romanzo: “Nemmeno una virgola”, un inno alla vita a dispetto dell’età

Dicembre 2, 2022

Essere “vecchi” in un mondo gerontofobico, che relega l’anziano a un ruolo marginale, inerme, in attesa dell’ultima ora di vita. Ed è proprio a questa mentalità dilagante che questo romanzo breve – “Nemmeno una virgola” – si oppone, regalando nuova speranza e colore alle vite ingrigite degli anziani soli. L’autore Guido Domingo, un biologo dalla penna raffinata, racconta una realtà suggestiva e poetica, che trae spunto da un fatto di cronaca: la storia di una pensionata che ritrova un tesoretto di vecchie lire, cambiando così il corso della sua vita. Con uno stile semplice e delicato, che rivela l’estrema sensibilità dell’autore, Domingo affronta tematiche ad alto impatto emotivo, senza mai scadere nel patetico. La “Vecchia” è la protagonista: una donna sopravvissuta per trent’anni al marito alpino e coltivatore, che si ritrova sola, dopo una vita attiva, tra concerti, musei e una laurea in lettere.

Nel mare ci sono i coccodrilli

Nel mare ci sono i coccodrilli

Dicembre 1, 2022

“Ci parlavamo per la prima volta dopo otto anni, otto, e quel sale e quei sospiri erano tutto quello che un figlio e una madre possono dirsi, dopo tanto tempo.
In quel momento ho saputo che era ancora viva e forse, lì, mi sono reso conto per la prima volta che lo ero anch’io. Non so come. Ma lo ero anch’io”.

Enaiatollah ha finito di raccontare la sua storia poco dopo avere compiuto ventuno anni (forse). La data del suo compleanno l’ha decisa la questura: primo settembre. Ha appena scoperto che nel mare ci sono davvero i coccodrilli. Questa settimana mentre facevo Novara- Villapizzone, seguivo il viaggio di Enaiatollah, io arrivavo a Milano mentre lui attraversava Afghanistan, Pakistan, Iran, Turchia, Grecia, per poi fermarsi in Italia. Ero insieme a lui tra le strade di Quetta, a lavorare nei cantieri di Qom, in viaggio su un camion e poi a piedi attraversando una montagna verso la Turchia, e poi insieme sul gommone per raggiungere la Grecia e poi infine in Italia. Ti accorgi come tutto viene raccontato attraverso gli occhi di un bambino che non razionalizza cosa gli sta accadendo e che le sue imprese e la sua sopravvivenza sono da eroe. Realizza tutto questo solo dopo 8 anni, sentendo per la prima volta sua mamma.
Un libro bellissimo che entra sotto pelle.

<strong>Daniela Saraco presenta “Come l’acqua del mare”: un romanzo sull’amore che indaga la potenza dei sentimenti oltre le apparenze</strong>

Daniela Saraco presenta “Come l’acqua del mare”: un romanzo sull’amore che indaga la potenza dei sentimenti oltre le apparenze

Dicembre 1, 2022

«Come l’acqua del mare» è l’ultimo romanzo di Daniela Saraco, autrice partenopea che nel suo libro accosta il fluttuare dei sentimenti a quello del mare. Come il mare, l’amore autentico, si evolve e può essere sconfinato, ritirarsi o espandersi. È proprio la vastità di questo sentimento, in tutte le sue sfaccettature che descrive nel suo romanzo, la cui protagonista è Felicia, una giovane donna, segnata sin da piccola dalla mancanza di conferme in famiglia, tanto da rimanere vittima del suo bisogno d’amore. L’unica che le offrirà amore incondizionato sarà la tata Germana, che gioirà dei suoi successi e del suo temperamento umile e semplice, sino alla fine dei suoi giorni.

Matthias Graziani presenta «La voce del crepaccio»: un thriller nordico, dove leggenda, mito e omicidi s’intrecciano sullo sfondo delle Dolomiti

Matthias Graziani presenta «La voce del crepaccio»: un thriller nordico, dove leggenda, mito e omicidi s’intrecciano sullo sfondo delle Dolomiti

Dicembre 1, 2022

«La voce del crepaccio» è il terzo thriller scritto da Matthias Graziani, noto scrittore altoatesino quarantatreenne, già acclamato dalla critica per «Sottopelle»: il suo primo romanzo investigativo. In quest’ultimo – «La voce del crepaccio» – in uscita il 17 ottobre, si respira un’atmosfera prettamente nordica e carica di suspense. Ambientato nel novembre del 1989 a Feldberg, in Alto Adige, dove divampa un’ondata di terrore: il mostro, il leggendario Gletschmann, alias l’uomo del crepaccio, è tornato e con lui anche un’inspiegabile scia di sangue.

La peste

La peste

Novembre 28, 2022

“Benché un flagello sia infatti un accadimento frequente, tutti stentiamo a credere ai flagelli quando ci piombano addosso. Nel mondo ci sono state tante epidemie di peste quante guerre. Eppure la peste e la guerra colgono sempre tutti alla sprovvista. Era stato colto alla sprovvista il dottor Rieux, come lo erano stati i nostri concittadini, e questo spiega le sue titubanze. E spiega anche perché fosse combattuto tra la preoccupazione e la fiducia. Quando scoppia una guerra tutti dicono: “è una follia, non durerà.” E forse una guerra è davvero una follia, ma ciò non le impedisce di durare. La follia è ostinata, chiunque se ne accorgerebbe se non fossimo sempre presi da noi stessi. A questo riguardo, i nostri concittadini erano come tutti gli altri, erano presi da se stessi, in altre parole erano umanisti: non credevano ai flagelli. Dal momento che il flagello non è a misura dell’uomo, pensiamo sia irreale, soltanto un brutto sogno che passerà. Invece non sempre il flagello passa e di brutto sogno in brutto sogno, sono gli uomini a passare, e in primo luogo gli umanisti che non hanno preso alcuna precauzione. I nostri concittadini non erano più colpevoli di altri, dimenticavano soltanto di essere umili e pensavano che tutto per loro fosse ancora possibile, il che presumeva che i flagelli fossero impossibili. Continuavano a fare affari, programmavano viaggi e avevano opinioni. Come avrebbero potuto pensare alla peste che sopprime il futuro, gli spostamenti e le discussioni? Si credevano liberi e nessuno sarà mai libero finché ci saranno i flagelli”.

Ho cominciato a leggere questo libro all’inizio della quarantena, quando eravamo rinchiusi in casa. L’ho cominciato, dicevo, un po’ per ironia, per prendermi in giro. Mi sono stupito subito dalle prime pagine che un libro scritto nel 1947 potesse descrivere così bene, in modo quasi da far paura la situazione che stavamo vivendo. Come abbiamo affrontato questa pandemia, arrivata all’improvviso in una società che si credeva invincibile, programmava viaggi, affari, aveva opinioni. Ho girato l’ultima pagina in un tumulto di riflessioni e una sensazione di amarezza.

Oralità e scrittura

Oralità e scrittura

Novembre 25, 2022

Perché Aristotele non parla quasi mai dell’io, mentre nella filosofia europea, da Cartesio a Williamson quasi tutti i filosofi si concentrano sullo studio della soggettività, attribuendole una eccessiva oggettività?
La risposta del grande Ong è semplice: L’invenzione della stampa. Nel XVII secolo si diffondono in Europa i diari, cioè i dialoghi scritti del sé con se stesso. La scrittura e la scrittura stampata oggettivizzano quel vissuto in buona parte inconscio che produce la lingua come fenomeno orale, creano cioè l’illusione che ci sia una res cogitans, rendono possibile l’illusione spiritualista e mentalista.
Libro bellissimo.

LA SHOAH E I BIAS

LA SHOAH E I BIAS

Novembre 22, 2022

Qualche giorno fa ho visto il bel film “LA VERITÀ NEGATA”, che racconta la storia del processo contro Deborah Lipstadt a fine anni ‘90 intentato da John Irving, scrittore che nega la Shoah.
Il film è molto bello. Narra di quanto la studiosa americana fosse impulsiva e non riuscisse a capire la strategia vincente degli avvocati che la difendevano.
Il punto cruciale sta nel fatto che la Lipstadt nel suo libro sul negazionismo aveva sostenuto che Irving avrebbe falsificato i dati per dimostrare le sue tesi negazioniste.
In effetti, nel film, il giudice, verso la fine esprime in tribunale il suo dubbio. Di sicuro gli avvocati hanno dimostrato che le tesi negazioniste di Irving sono basate su dati falsi, ma come facciamo a essere sicuri che Irving non abbia sbagliato in buona fede guidato dai suoi bias?
Bisognerebbe leggere le 300 pagine della sentenza, oppure l’omonimo libro scritto dalla Lipstadt che racconta il processo per sapere che cosa abbia convinto il giudice del dolo di Irving.
In effetti una cosa è il negazionismo, cioè sostenere una tesi evidentemente falsa, che però è considerata reato in molti paesi. Una cosa è falsificare i dati artatamente. Questo non è un reato, però se in un libro si afferma che lo si è fatto e non è vero, si rischia la querela per diffamazione, come è successo alla Lipstadt.
Infine non mi sembra sensato parlare di negazionismo quando senza negare i fatti si propongono strane interpretazioni della Shoah. Ne elenco alcune che trovo poco convincenti.
1. La sacralizzazione. La Shoah sarebbe un olocausto, cioè una sorta di sacrificio divino. Il Dio giudaico Cristiano non vuole sacrifici fin da quando ferma la mano di Abramo che sta per uccidere Isacco.
2. È un genocidio come tanti altri motivato da ragioni pratiche. No purtroppo, dietro alla Shoah c’è un furore ideologico.
3. È una espressione della civiltà della tecnica. La tecnica gioca un ruolo decisamente secondario nella Shoah. Quello che invece si vede è la forte capacità deresponsabilizzante della divisione del lavoro.
4. È la fine della morale. La morale è un tentativo umano di comprendere quali sono i comportamenti migliori e non vedo come un qualsiasi comportamento umano, compresa la Shoah, possa impedire questa ricerca.
5. È la fine della teologia. Come sarebbe possibile Dio dopo Auschwitz? È senz’altro la fine di una teologia antropocentrica. Ma questa teologia era già stata confutata dagli scrittori del libro di Giobbe, elaborato dal X al IV secolo prima di Cristo, che si chiedevano perché Dio permette che l’uomo giusto soffra. E la semplice risposta è che Dio ha progetti non umani.
Ci sono tante altre esagerazioni che sono state proposte.
Il libro più bello e profondo sulla Shoah resta I SOMMERSI E I SALVATI di Primo Levi, che racconta la Shoah da testimone e da scienziato.

COFFEE? …E UN BUON LIBRO! IL CAFFÈ INCONTRA LA LETTERATURA

Novembre 19, 2022

“Non è che il caffè mi renda insonne, è che mi fa sognare” (anonimo) Il caffè in una duplice accezione Il caffè è senza ombra di dubbio una tra le bevande più consumate al mondo: ce n’è per ogni gusto e palato se solo si pensa alla molteplice varietà degli odori, dei sapori,…

Lessico famigliare

Lessico famigliare

Novembre 19, 2022

Questo romanzo del tutto autobiografico di Natalia Ginzburg esce più di 50 anni fa.
Scritto in modo fresco e incisivo, racconta la Torino ebraica e antifascista dal primo dopoguerra al secondo; un mondo in cui si muovono personalità importanti dell’intellighenzia italiana e si prepara una parte significativa della cultura politica dell’Italia degli anni Cinquanta.
Basta ricordare i nomi di alcuni personaggi che vengono raccontati nella loro vita quotidiana: Adriano Olivetti, Filippo Turati, Vittorio Foa, Giulio Einaudi, Cesare Pavese, ecc.
I caratteri sono presentati attraverso i loro modi di dire, i loro vestiti e le loro sembianze. Non si entra nel merito.
Eppure traspare una compiaciuta ammirazione per quelli che sono stati fra i maggiori protagonisti della cultura politica e della politica culturale italiana dalla Resistenza al Secondo dopoguerra.
Ma soprattutto oggi colpisce la figura del padre di Natalia.
Uomo burbero di straordinaria volontà e neurofisiologo di fama internazionale.
Giuseppe Levi nel suo laboratorio di anatomia ha formato ben tre premi Nobel: Salvatore Luria, Renato Dulbecco e Rita Levi-Montalcini.
L’Italia degli anni Sessanta sarà purtroppo dominata ancora solo dalla cultura storicistica della Resistenza, che resta sempre presente nelle pagine della Ginzburg, pur stando solo sullo sfondo. Per contro quei tre grandi, che con i loro studi in biologia hanno definitivamente modificato l’immagine dell’uomo, non compaiono neanche e la loro cultura di ben più alto spessore ha dato i suoi frutti nelle grandi università americane dove sono emigrati.
Emblematico un episodio verso la fine del libro.
Levi viene inserito nelle liste del fronte popolare PCI-PSI. Gli si chiede di fare un comizio, almeno uno. Il grande scienziato è imbarazzato. Inizia davanti a una multiforme platea affermando che la scienza è la ricerca della verità e negli Usa si fa scienza migliore che in URSS. Il pubblico lo guarda attonito, come fosse venuto da Marte. Che cosa c’entra questo con il nostro mondo fatto di tutt’altro?
Quanto si sbagliavano!
E ho paura che la Ginzburg raccontando questo aneddoto donchisciottesco non si renda conto della tragedia culturale di cui è testimonianza.
Negli anni Sessanta era già chiaro dove la cultura politica cattolica e comunista, ma in sostanza idealista e storicista ci avrebbe portato. Cioè proprio qui; in un mondo diviso di intellettualoidi infarciti di retorica e di urlatori ignoranti che inneggiano all’incompetenza.
Alcune premesse di questa situazione sono state poste proprio allora.

Follia

Follia

Novembre 16, 2022

“Le storie d’amore catastrofiche contraddistinte da ossessione sessuale sono un mio interesse professionale ormai da molti anni. Si tratta di relazioni la cui durata e la cui intensità differiscono sensibilmente, ma che tendono ad attraversare fasi molto simili: riconoscimento, identificazione, organizzazione, struttura, complicazione, e così via.”
Siamo in Inghilterra nel 1959. Lo psichiatra di un tetro manicomio criminale vittoriano comincia a esporre il caso clinico più disturbante che abbia attraversato la sua carriera- l’ossessione e la passione distruttiva che lega Stella Raphael e Edgar Stark, un artista detenuto per uxoricidio.
Stella una donna affascinante, sposata con un altro psichiatra del manicomio, incastrata all’interno di un matrimonio piatto in cui si sente invisibile e insoddisfatta. Edgar è uno scultore, con manie ossessive e paranoico. È detenuto all’interno del matrimonio per aver ucciso la moglie convinto che lei lo tradisse con svariati uomini e averla decapitata.
La storia, come anticipato all’inizio, è raccontata da Peter Cleave, uno psichiatra e collega del marito di Stella nonché terapeuta di Edgar.
Una storia che racconta l’ossessione di Stella, che nonostante i lividi, le minacce, continua a idealizzare il proprio partner e a difenderlo.
Il modo preciso con cui Patrick McGrath descrive il funzionamento mentale dei personaggi principali è straordinario.
Non solo Stella ed Edgar presentano tratti patologici, ma anche Max, il marito incapace di esprimersi, provare compassione, affrontare la rabbia e ancora il personaggio che narra Peter talmente ossessionato dalle storie d’amore ossessive e da Stella, da completamente perdere lucidità e analizzare i due pazienti attraverso le risposte che vorrebbe darsi, non quelle reali.
Inquietudine, follia, rabbia sono i sentimenti che ti porta dentro il libro, straordinario lo schema psicologico di ogni singolo personaggio. Se lo consiglio? Si sa già la risposta…

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