“Di un’altra voce sarà la paura” di Yuleisy Cruz Lezcano

Aprile 4, 2024

Nelle profondità della notte, mentre il respiro si fa lento e il cuore sussurra nelle ombre, le parole di Yuleisy Cruz Lezcano danzano come fiamme sfuggenti, scolpite nell’ardore di una realtà avvolta dal mistero. Queste poesie, immerse nell’incendio della vita vissuta e…

LA CRISI DELLA NARRAZIONE

LA CRISI DELLA NARRAZIONE

Aprile 2, 2024

Arriva sugli scaffali delle librerie italiane “LA CRISI DELLA NARRAZIONE. INFORMAZIONE, POLITICA E VITA QUOTIDIANA”, l’ultima riflessione, acuta e pungente, del filosofo coreano Byung-Chul Han, lucido critico del neoliberismo.

In questo ultimo saggio, edito nella collana Stile Libero Extra di Einaudi, il filosofo riflette sulla compostezza della narrazione, su come il raccontarci, il creare storie e il disegnare miti abbia caratterizzato la nostra specie umana – lo diceva anche lo storico israeliano Yuval Noah Harari in “Sapiens. Da animali a dei”, ricordate? – e su come l’approccio capitalistico abbia pregiudicato anche questa nostra capacità riducendola a mera, additiva informazione.

“Le narrazioni sono in crisi da tempo – chiarisce Byung-Chul Han tra citazioni di Walter Benjamin, Martin Heidegger e Jacques Lacan e intrusioni di Charles Baudelaire, Hanna Arendt, Immanuel Kant e Novalis -. Da bussole capaci di dare senso alla nostra esistenza collettiva sono ormai diventate una merce come tutte le altre.

Ridotte ad ancelle del capitalismo, si trasformano in storytelling e lo storytelling, ormai ubiquo, scade nella pubblicità, nel consumo di informazioni.

L’accumulo di notizie ha preso il posto delle storie.

Dati e informazioni però frammentano il tempo, ci isolano e ci bloccano in un eterno presente, vuoto e privo di punti di riferimento”.

Un intricato empasse perché “vivere è narrare – continua il filosofo a pagina 110, a chiosa del saggio -. L’essere umano, in quanto animal narrans si distingue dagli altri animali per il fatto che narrando realizza nuove forme di vita. La prassi narrativa ha la forza del nuovo inizio. Ogni azione che avvia una trasformazione del mondo presuppone una narrazione.

Lo storytelling di contro conosce solo una forma di vita, quella consumistica.

Lo storytelling racconta storie per vendere storie e per questo non è capace di tratteggiare forme di vita completamente differenti”.

“Quello che ci manca oggi – afferma Byung-Chul Han – sono proprio le narrazioni che aprono un futuro, le narrazioni che ci aprono alla speranza”.

Forse, a proposito di narrazione, qualcuno (noi?) dovrebbe metterci un punto. E iniziare un nuovo capitolo.

Intervista a Emanuele Stracchi/2a Parte

Intervista a Emanuele Stracchi/2a Parte

Marzo 30, 2024

Compositore, pianista, direttore d’orchestra L’universalità di Johann Sebastian BACH Con la sua opera completa – oltre mille composizioni – Johann Sebastian Bach (1685-1750) riesce ad operare una sintesi del passato, configurandosi come pioniere dell’avvenire. Quando si parla del Kantor possiamo dire senza…

Caterina, la prima moglie

Caterina, la prima moglie

Marzo 28, 2024

Un romanzo che coglie di sorpresa il lettore, adottando un punto di vista inatteso.

La storia della prima, nobilissima moglie di Enrico VIII raccontata dal suo punto di vista.

Figlia di Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona, cresciuta sui campi di battaglia ed educata come eccellente studiosa nella neo conquistata città moresca di Granada, Caterina viene inviata in Inghilterra per sposare Arturo, primogenito e destinato al trono.

Tutto sembra andare per il meglio, quando Arturo muore e Caterina si ritrova sola, praticamente ostaggio del Re, in un paese in cui le donne sono considerate utili solo come oggetti di alleanza.

Assolutamente consigliato.

Apeirogon

Apeirogon

Marzo 25, 2024

Questo meraviglioso libro, l’ho iniziato sull’aereo diretto verso Amman, e l’ho finito ad Aqaba, il giorno prima di rientrare.
Come dice l’autore, i lettori che conoscono la situazione politica in Israele e Palestina si accorgeranno che gli elementi propulsori al centro di questo libro, Bassam Aramin e Rami Elhanan, sono persone reali. Con “reali” intende che le loro storie e quelle delle loro figlie, Abir e Smadar, sono state documentate in filmati e articoli di giornale. La trascrizione della voce di entrambi nella parte centrale del libro (che poi sarà l’unica parte che riporterò su questo post) è tratta da una serie di interviste realizzate a Gerusalemme, New York, Gerico e Beit Jala; in altre parti del libro i due protagonisti hanno permesso all’autore di modellare e rimodellare le loro parole e il loro mondo. Nonostante queste libertà, é rimasto assolutamente fedele alla verità della loro esperienza.
Faccio fatica a fare una recensione che valga questo libro, poiché ha un numero infinito di sfumature esattamente infiniti sono i lati della figura geometrica che riporta come titolo, ma alla luce di quello che sta succedendo dal 7 ottobre ad oggi, alla luce dell’elefante nella stanza che molti si rifiutano di vedere, riporto il pezzo centrale di Rami, il padre israeliano:
“ per quanto sembri strano, in Israele non sappiamo cosa sia davvero l’Occupazione. Sediamo nei caffè e ci divertiamo, e non dobbiamo farci i conti. Non abbiamo la minima idea di cosa significa dover superare un checkpoint ogni giorno. O vedere confiscata la terra della nostra famiglia. O svegliarci con un fucile puntato sulla faccia, abbiamo due ordini di leggi, due ordini di strade, due ordini di valori. Alla maggior parte degli israeliani questo sembra impossibile, una bizzarra distorsione della realtà, ma non è così. È che noi semplicemente non lo sappiamo. Per noi la vita è bella. Il capuccino è buono. La spiaggia è libera. L’aeroporto è lì a due passi. Non abbiamo alcun accesso all’effetto che fa vivere in Cisgiordania o a Gaza. Nessuno ne parla. Non ti è permesso mettere piede a Betlemme, a meno che tu non sia un soldato. Guidiamo lungo le nostre strade percorribili solo dagli israeliani. Scansiamo i villaggi arabi. Costruiamo strade sopra e sotto di loro, ma solo per farne gente senza volto.
La verità è che non può esserci occupazione che sia compassionevole. Non esiste proprio. È impossibile. Ha a che fare col controllo. Forse dobbiamo aspettare che il prezzo per la pace si alzi a un punto tale che la gente comincerà a capire. Forse finirà solo quando questo prezzo supererà i vantaggi. Costo economico. Mancanza di lavoro. Notti insonni. Senso di vergogna. Magari perfino la morte. Che è il prezzo che ho pagato io. Questa non è istigazione alla violenza. La violenza è fiacca. L’odio è fiacco. Ma oggi c’è una parte, quella dei palestinesi, che è stata gettata completamente a lato della strada. Non hanno alcun potere. Quello che fanno è scatenato dalla rabbia e frustrazione e umiliazione. Gli è stata presa la terra. La vogliono indietro. E questa apre a tutta una serie di domande.

Follow by Email
Instagram