Davide Orlandi (Mede, 15/07/1992), sono un insegnante di Filosofia e storia, materie letterarie e linguistiche negli istituti medi e superiori. Ho cinque lauree e attualmente sono dottorando in Filosofia presso l'Università di Granada. Dal mese di Maggio 2017 collaboro con il portale di filosofia “Pensiero Filosofico”. Sono volontario soccorritore e centralinista della Croce Azzurra Robbiese. Donatore sangue, volontario e consigliere dell'Avis comunale di Robbio. Volontario dell’associazione robbiese “I Live Panta Rei”, associazione che si batte per gli ultimi e per combattere ogni forma di discriminazione sociale. Corrispondente per il settimanale d'informazione “Il Corriere Eusebiano”, con sede a Vercelli (VC). Dal 2022 collaboro con il Giornale letterario. Membro del comitato di redazione della Rivista di filosofia e scienze umane "Le voci di Sophia". Ho vinto innumerevoli concorsi letterari nazionali e internazionali, sia a carattere poetico-aforistico che filosofico. Con Aracne ho pubblicato i seguenti libri: Cartesio e Bourdin. Le settime obiezioni (2016); Linguaggio e forme di vita. Saggio su Ludwig Wittgenstein (2017); Diego Marconi e la sua competenza lessicale. Un'analisi critica (2019). Interpretazioni di interpretazioni. Indagine sul prospettivismo nietzschiano, Youcanprint Editore, 2020; Come guarire dai social network attraverso due romanzi, Youcanprint Editore, 2021; Quel pazzo di Nietzsche. Come leggere la nostra vita e quelle altrui, AbelBooks, 2022; L'occasione del cambiamento, Youcanprint Editore, 2022; Frammenti di vita. Come un grido nella notte, Youcanprint Editore, 2023. Ho collaborato con varie personalità di spicco del panorama culturale italiano e straniero come Mogol, Alfredo Rapetti Mogol (Cheope), Vittorio Sgarbi, Francesco Gazzè, Alessandro Quasimodo, Cosimo Damiano Damato, Hafez Haidar, Francesco Baccini, Tomaso Kemeny, Dato Magradze, Nunu Geladze, Reddad Cherrati, Franco Arminio e molti altri. Nel 2021 sono stato nominato “Uomo Illuminato” dagli Stati Generali delle Donne.
ANNA DAI CAPELLI ROSSI

ANNA DAI CAPELLI ROSSI

Aprile 6, 2024

“Anna dai capelli rossi” è un classico intramontabile, ma c’è di più di quello che sembra! Questo libro, famoso per la sua dolcezza, nasconde anche alcuni argomenti repressivi e sessisti tipici della sua epoca. Ma non preoccuparti, possiamo ancora apprezzarlo con un po’ di ironia e leggerezza!

Nel libro sono presenti alcuni argomenti che potrebbero urtare la sensibilità attuale, come ad esempio la visione tradizionale dei ruoli di genere, la discriminazione basata sull’aspetto fisico e la limitazione delle opportunità per le donne. Tuttavia, è importante considerare il contesto storico in cui è stato scritto il libro e apprezzarlo per la sua bellezza letteraria e il suo impatto culturale.

Notevoli, invece, i personaggi femminili forti e indipendenti che sfidano gli stereotipi di genere dell’epoca. Ecco alcuni esempi:

1. Anne Shirley: La protagonista stessa, Anne, è un personaggio vivace, intelligente e pieno di immaginazione. Nonostante le difficoltà che affronta nella sua vita, Anne dimostra una grande determinazione e una mente aperta. È una ragazza che cerca di realizzare i suoi sogni e di trovare il suo posto nel mondo.

2. Marilla Cuthbert: La tutrice di Anne, Marilla, è una donna forte e risoluta. È una figura materna per Anne e la guida nella sua crescita. Marilla è indipendente e gestisce la fattoria Green Gables da sola, dimostrando una grande forza e capacità di adattamento.

3. Diana Barry: L’amica intima di Anne, Diana, è un personaggio dolce e leale. Nonostante le aspettative sociali dell’epoca, Diana dimostra una grande amicizia e sostegno verso Anne. È una ragazza intelligente e determinata, che segue i suoi sogni e si impegna per raggiungere i suoi obiettivi.

LA CRISI DELLA NARRAZIONE

LA CRISI DELLA NARRAZIONE

Aprile 2, 2024

Arriva sugli scaffali delle librerie italiane “LA CRISI DELLA NARRAZIONE. INFORMAZIONE, POLITICA E VITA QUOTIDIANA”, l’ultima riflessione, acuta e pungente, del filosofo coreano Byung-Chul Han, lucido critico del neoliberismo.

In questo ultimo saggio, edito nella collana Stile Libero Extra di Einaudi, il filosofo riflette sulla compostezza della narrazione, su come il raccontarci, il creare storie e il disegnare miti abbia caratterizzato la nostra specie umana – lo diceva anche lo storico israeliano Yuval Noah Harari in “Sapiens. Da animali a dei”, ricordate? – e su come l’approccio capitalistico abbia pregiudicato anche questa nostra capacità riducendola a mera, additiva informazione.

“Le narrazioni sono in crisi da tempo – chiarisce Byung-Chul Han tra citazioni di Walter Benjamin, Martin Heidegger e Jacques Lacan e intrusioni di Charles Baudelaire, Hanna Arendt, Immanuel Kant e Novalis -. Da bussole capaci di dare senso alla nostra esistenza collettiva sono ormai diventate una merce come tutte le altre.

Ridotte ad ancelle del capitalismo, si trasformano in storytelling e lo storytelling, ormai ubiquo, scade nella pubblicità, nel consumo di informazioni.

L’accumulo di notizie ha preso il posto delle storie.

Dati e informazioni però frammentano il tempo, ci isolano e ci bloccano in un eterno presente, vuoto e privo di punti di riferimento”.

Un intricato empasse perché “vivere è narrare – continua il filosofo a pagina 110, a chiosa del saggio -. L’essere umano, in quanto animal narrans si distingue dagli altri animali per il fatto che narrando realizza nuove forme di vita. La prassi narrativa ha la forza del nuovo inizio. Ogni azione che avvia una trasformazione del mondo presuppone una narrazione.

Lo storytelling di contro conosce solo una forma di vita, quella consumistica.

Lo storytelling racconta storie per vendere storie e per questo non è capace di tratteggiare forme di vita completamente differenti”.

“Quello che ci manca oggi – afferma Byung-Chul Han – sono proprio le narrazioni che aprono un futuro, le narrazioni che ci aprono alla speranza”.

Forse, a proposito di narrazione, qualcuno (noi?) dovrebbe metterci un punto. E iniziare un nuovo capitolo.

Caterina, la prima moglie

Caterina, la prima moglie

Marzo 28, 2024

Un romanzo che coglie di sorpresa il lettore, adottando un punto di vista inatteso.

La storia della prima, nobilissima moglie di Enrico VIII raccontata dal suo punto di vista.

Figlia di Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona, cresciuta sui campi di battaglia ed educata come eccellente studiosa nella neo conquistata città moresca di Granada, Caterina viene inviata in Inghilterra per sposare Arturo, primogenito e destinato al trono.

Tutto sembra andare per il meglio, quando Arturo muore e Caterina si ritrova sola, praticamente ostaggio del Re, in un paese in cui le donne sono considerate utili solo come oggetti di alleanza.

Assolutamente consigliato.

Apeirogon

Apeirogon

Marzo 25, 2024

Questo meraviglioso libro, l’ho iniziato sull’aereo diretto verso Amman, e l’ho finito ad Aqaba, il giorno prima di rientrare.
Come dice l’autore, i lettori che conoscono la situazione politica in Israele e Palestina si accorgeranno che gli elementi propulsori al centro di questo libro, Bassam Aramin e Rami Elhanan, sono persone reali. Con “reali” intende che le loro storie e quelle delle loro figlie, Abir e Smadar, sono state documentate in filmati e articoli di giornale. La trascrizione della voce di entrambi nella parte centrale del libro (che poi sarà l’unica parte che riporterò su questo post) è tratta da una serie di interviste realizzate a Gerusalemme, New York, Gerico e Beit Jala; in altre parti del libro i due protagonisti hanno permesso all’autore di modellare e rimodellare le loro parole e il loro mondo. Nonostante queste libertà, é rimasto assolutamente fedele alla verità della loro esperienza.
Faccio fatica a fare una recensione che valga questo libro, poiché ha un numero infinito di sfumature esattamente infiniti sono i lati della figura geometrica che riporta come titolo, ma alla luce di quello che sta succedendo dal 7 ottobre ad oggi, alla luce dell’elefante nella stanza che molti si rifiutano di vedere, riporto il pezzo centrale di Rami, il padre israeliano:
“ per quanto sembri strano, in Israele non sappiamo cosa sia davvero l’Occupazione. Sediamo nei caffè e ci divertiamo, e non dobbiamo farci i conti. Non abbiamo la minima idea di cosa significa dover superare un checkpoint ogni giorno. O vedere confiscata la terra della nostra famiglia. O svegliarci con un fucile puntato sulla faccia, abbiamo due ordini di leggi, due ordini di strade, due ordini di valori. Alla maggior parte degli israeliani questo sembra impossibile, una bizzarra distorsione della realtà, ma non è così. È che noi semplicemente non lo sappiamo. Per noi la vita è bella. Il capuccino è buono. La spiaggia è libera. L’aeroporto è lì a due passi. Non abbiamo alcun accesso all’effetto che fa vivere in Cisgiordania o a Gaza. Nessuno ne parla. Non ti è permesso mettere piede a Betlemme, a meno che tu non sia un soldato. Guidiamo lungo le nostre strade percorribili solo dagli israeliani. Scansiamo i villaggi arabi. Costruiamo strade sopra e sotto di loro, ma solo per farne gente senza volto.
La verità è che non può esserci occupazione che sia compassionevole. Non esiste proprio. È impossibile. Ha a che fare col controllo. Forse dobbiamo aspettare che il prezzo per la pace si alzi a un punto tale che la gente comincerà a capire. Forse finirà solo quando questo prezzo supererà i vantaggi. Costo economico. Mancanza di lavoro. Notti insonni. Senso di vergogna. Magari perfino la morte. Che è il prezzo che ho pagato io. Questa non è istigazione alla violenza. La violenza è fiacca. L’odio è fiacco. Ma oggi c’è una parte, quella dei palestinesi, che è stata gettata completamente a lato della strada. Non hanno alcun potere. Quello che fanno è scatenato dalla rabbia e frustrazione e umiliazione. Gli è stata presa la terra. La vogliono indietro. E questa apre a tutta una serie di domande.

LAPVONA

LAPVONA

Marzo 20, 2024

Lapvona, ovvero una storia di formazione sbagliata, grottesca, disturbante e deliziosamente simbolica.
Ambientata durante un’epoca astrattamente medievale in un villaggio fanatico, corrotto, turpe, su cui piombano la carestia e la siccità, causate o dalla collera di Dio o da un signore perverso e infantile. Ci sono tanti animali – e c’è chi parla con loro -, ci sono tanti agnelli nello specifico, un protagonista insopportabile, c’è la pestilenza e quindi i morti e i sopravvissuti che smettono quasi di essere umani e diventano demoni, cannibali. Ci sono appunto i simboli, c’è chi non parla, chi non vede.
Non è una lettura che consiglierei a scatola chiusa ma inaspettatamente mi ha tenuto incollato e mi ha lasciato addosso la sensazione di aver scoperto qualcosa ma, come i misteri della religione, non averne colto appieno il senso.
Le parti che ho sottolineato esulano o quasi dai dettagli morbosi e grotteschi, ma gli occhi sul piattino mi hanno rimandato eco di Santa Lucia, che come tutte le martiri e i santi fa paura perché si mostra straziata, sofferente, proprio come fa questo libro.

LA ZONA D’INTERESSE

LA ZONA D’INTERESSE

Marzo 7, 2024

È possibile narrare, rappresentare ancora una volta, senza ricadere nel già detto, l’orrore, questo tipo di orrore? Jonathan Glazer ci riesce egregiamente nel film La zona di interesse, applicando il potente dispositivo dell’immaginazione, dove ciò che è oltre la “siepe” ha già un nome, una storia che sappiamo. Non vedi ma ascolti urla, strepiti e suoni metallici. L’ingegneria del suono è perfetta. Tutto è costruito affinché tu sia costretto a straniarti, fino a indossare il punto di vista dei carnefici senza, tuttavia, potere entrare dentro quel pensiero, in una lotta assidua contro l’istinto di empatizzare col punto di vista dominante. È un grande film sulla normalizzazione dell’orrore, che ci riguarda tutti, mentre timbriamo il cartellino della normalità e in un’altra parte del mondo “lontana” cadono bombe e muoiono bambini. Forse anche nella mia vita c’e una porzione di schermo, l’ho letto come una possibilità di riflessione, condensata nella potentissima scena finale che per me è la vera chiave di lettura. Una sferzata sulla saturazione della memoria che come dice la grande Aleida Assmann è la seconda faccia della medaglia delle commemorazioni, delle giornate dedicate, della calendarizzazione del dolore. Fermiamoci un attimo, cosa ci stiamo raccontando “nella giornata dedicata a”. Che tipo di memoria attiviamo? È una memoria funzionale, un archivio, una rielaborazione del trauma o è il selfie che il quindicenne si fa davanti Auschwitz per postarlo su instagram? Fatevi questo regalo e vedetelo.

I diari del libraio errante

I diari del libraio errante

Marzo 1, 2024

“Sono un libraio errante. Ho una bancarella di tre metri per tre, tre tavoli rivestiti da altrettante coperte di iuta, qualche vecchia cassetta della frutta e un piccolo tronco di quercia per rialzare un po’ di libri, poc’altro. Ma ciò che amo…

Il Gattopardo

Il Gattopardo

Febbraio 27, 2024

A breve uscirà un lavoro molto bello sul romanzo “Il Gattopardo” di Tomasi Di Lampedusa, su cui non voglio anticipare nulla. Un romanzo, questo, che ha avuto una vicenda editoriale controversa, in cui ebbe un ruolo decisivo Vittorini, allora direttore della collana I gettoni per Einaudi. Un rifiuto, gentile ma assertivo, poi prevalse il destino: il romanzo doveva essere una sorta di memoriale sulla nobiltà siciliana, un racconto lungo, conosce rimaneggiamenti, pentimenti, sulla scia dell’andamento umorale di Tomasi, “mauvaise caractere”, come ebbe a dirne l’amico Piccolo, che cambiava continuamente, assecondando il labile equilibrio delle stagioni siciliane, volubilmente divise tra improvvisi caldi africani e freddi taglienti. Finalmente, in quella calda stanza di via Dante N. 15, a Palermo, Tomasi detta i capitoli finali all’amico Orlando, alacre e fedele nel supportare e sopportare il caldo e la fatica. È quasi incredibile che la principale lente critica di interpretrazione abbia deformato l’opera sotto la categoria di gattopardismo, immobilismo. Sin dalla prime battute, è un tripudio di sensi, un movimento vorticoso che investe tutto e tutti, dirigendo il tempo e lo spazio in una dialettica serratissima che toglie il fiato. L’amore esiste come contraltare alla morte e viceversa, e anche l’erotismo che si sprigiona dai corpi educati ai rituali di corteggiamento, alle costrizioni di “casta”, ai doveri sociali. Memorabile la notte passata da Tancredi e Angelica dentro il palazzo avito ad annusarsi, immaginarsi, desiderarsi. L”erotismo è come in Bataille, “infrazione alla regola dei divieti”. Rimane sempre, teso, come una corda pronta a scoccare, ma non si consuma. In perenne dialettica con la morte, l’annullamento, l’abisso. Abilissimo nel tratteggiare il desiderio, Tomasi rappresenta un mondo dove il piacere femminile era precluso e vissuto come peccato, (Don Fabrizio cerca un piacere “animale” nella prostituta Mariannina, mentre la moglie prega e scongiura mentre raggiunge il piacere). Malinconia, fulgore, estenuazione dei sensi, tutto concorre a fare di questo libro molto più che l’epopea declinante dell’aristocrazia siciliana.

IL COSIDDETTO MALE

IL COSIDDETTO MALE

Febbraio 23, 2024

Ogni tanto vale la pena tornare al capolavoro di Lorenz, Il cosiddetto male.
Forse le sue analisi etologiche sono ormai datate, ma la tesi di fondo è semplice e profonda.
Questo libro resta l’unica seria forma di teodicea.
Il cosiddetto male, cioè l’aggressività, è almeno in parte il frutto della filogenesi. Ovvero noi ci portiamo dietro dei pool di geni che in certi contesti sono stati vincenti rispetto alla fitness, violenza, desiderio di sopraffare, sadismo ecc., ma che adesso provocano danni.
Se il processo di self-domestication è veramente in atto, allora un po’ alla volta, fra qualche millennio, saremo molto più affrancati da questa scomoda eredità genetica.
La self-domestication sarebbe il fatto che nelle società più mature gli individui più violenti vengono di solito emarginati e fanno meno figli.
Resta il fatto che ogni volta che si subisce un’ingiustizia – e capita spesso – tutti ne riceviamo e ne compiamo, c’è una sorta di consolazione spinoziana nel sapere che tutto ciò dipende almeno in parte dalla nostra filogenesi.
Il libro è tradotto in italiano con un titolo molto più brutto, L’aggressività.

LUCY DAVANTI AL MARE

LUCY DAVANTI AL MARE

Febbraio 17, 2024

Elizabeth Strout è il mio posto sicuro. Sono quelle pagine che cerco quando voglio star bene, quando voglio immergermi nei luoghi (quasi sempre Maine) e nei personaggi descritti da lei. Niente di straordinario, vita da tutti i giorni, ma c’è del magico nella scrittura della Strout. Ricordo che nel 2020, appena aveva chiuso tutto ed eravamo costretti a stare soli in casa, avevo letto “Olive Kitteridge” il suo premio Pulitzer, e l’avevo così tanto amato che mi ero perso su Google a cercare recensioni e altre informazioni su questo meraviglioso libro, allora per caso capito su Amazon, dove leggo incredulo che da lì a un mese sarebbe uscito “Olive, ancora lei”. Elizabeth Strout, ancora lei, mi ha salvato. Questa settimana appena uscita in tutte le librerie “Lucy davanti al mare”, che mi riporta indietro a quei giorni sospesi.

Spero di conoscerla un giorno, la fantastica Elizabeth Strout, e ringraziarla perché mi è stata casa così tante volte.

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