FRECCE PER UNA FARETRA di Mario Eleno

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PARTE PRIMA

1
Il teatro è quando gli occhi ricominciano a meravigliarsi della meraviglia
è quando le orecchie sentono e finiscono per ascoltare
è quando le mani si tendono per tirare fuori dalle acque
è quando il fiuto riconosce le piste da cui lanciarsi
contro i mostri inumani e abbietti
è quando sulla lingua viene spalmato lo spirito variopinto della poesia
ma il teatro sono anche altri 95 sensi
che noi abbiamo smarrito
dietro qualche vicolo lontano
del nostro vagabondaggio.

2
Il teatro è un tempio di carne, ossa e nervi, è il cuore senza capo né coda di tutte le creature che lottano, amano, uccidono e vengono uccise, messe in croce nello spazio, una sorta di cuore senza termine, senza argini o muraglie, è un campo aperto senza recinti, dove battagliano le forze opposte del gioco del cosmo e del caos, un gioco infinito.

3
Nel teatro, in genere, vale questa regola:
vivere con denti e sangue, e non fingere come fanno i rammolliti.

4
Il teatro è il tentativo sfrenato di guardare il mondo intero al microscopio e vedere, una volte per tutte, cosa succede in giro, senza risparmiarsi, cercare di vederlo nella sua interezza, ogni angolo, ogni interstizio, ogni punticino, in bilico sopra ogni meridiano, a cavallo di qualsiasi parallelo, senza tralasciare nulla, e poi dirlo, metterlo in voce, staccarsi dal coro, avere questo coraggio, è un grande coraggio, friggere l’aria col proprio magnetismo, danzare le sensazioni di sé stesso e del mondo, generare il suono del dito che graffia la pelle del tamburo, la scorza della terra, aspettare che Dioniso risalga dai sotterranei e che Apollo si precipiti dalla vampa del Sole, e poi scoccare contro l’anima degli spettatori la visione, che è anche una conoscenza.

5
Il teatro non può esser fatto da gente stipendiata ed intorpidita che tratta la materia con mediocrità, ma da persone che hanno appreso dai duri colpi della vita la crescita interiore con sottili tocchi nell’anima.

6
Voglio costruire un teatro e chiamarlo TeatroTerra, e voglio che all’ingresso di questo teatro, che è ancora una chimera per me, venga scritto questo pensiero:
veniamo tutti dal Rio delle Amazzoni,
abbiamo popolato le terre
che oggi sono state scelleratamente staccate da confini politici
arrivando a bordo di isole galleggianti carreggiate dal flusso del Rio,
veniamo tutti da lì,
davvero tutti,
siamo fratelli remoti dello stesso utero,
finiamola di innalzare cortine di ferro,
basta a pestare il proprio gemello di sangue,
appendiamo le spade o eviriamo le loro punte,
la nostra condizione di viventi è già fragile,
non peggioriamola,
diamoci una mano,
e fluttuiamo liberi nella stessa terra,
sullo stesso mare.

7
Il teatro ha il compito di forgiare intelligenza e audacia, non deve produrre imbecillità e cretinismo; laddove succede questo, allora non è teatro.

8
Un buon attore deve aspirare alla vita sublime dei cinque elementi:
accorato come la terra, gagliardo come il fuoco, volubile come l’acqua, nitido come il vento, e onnicomprensivo come lo spazio.

9
Un teatro che si sviluppa attraverso un linguaggio verbale tecnicizzato, un linguaggio fisico sterilizzato, e un linguaggio mimico convenzionale, smette presto di essere teatro e scade nello stupido spettacolo d’intrattenimento.

10
Si parte da un flebile suono interiore e si arriva a creare un mondo:
ecco un’operazione poetica e teatrale che mi sembra sensata.

11
Spiego il teatro con questa metafora:
l’esuberanza del suo centro è come l’esuberanza del centro della montagna, è segreta, e trova la sua massima espressione di potenza e di bellezza nella tempra mitologica delle sue cime dinamiche, ossia gli attori, che pari a una catena di picchi energici, pietrosi, estrovertono l’intimità del gigante nell’imminente incertezza del cielo.

12
Al teatro servono donne e uomini
che sognano d’essere come fiumi in piena
che rapidamente precipitano dalla sorgente
ed elargiscono acqua alle gole assetate.

13
Il teatro è un luogo e un’ora che non esistono, è un punto cruciale senza mappatura, dove viene invocato il turbine delle forze non viste che si agitano attorno a noi, dentro di noi, alle quali l’artista cerca di dare risonanza.

14
Sovente gli attori non mi piacciono, sono troppo preoccupati della loro immagine esteriore, gli piace guardarsi allo specchio la mattina e chiedersi se l’acconciatura andrà bene per quella o per quell’altra agenzia famigerata, sprecano il loro tempo e non fanno quello che dovrebbero fare, smarriscono la contiguità reale con la materia artistica che fervidamente dovrebbero plasmare, non sorreggono come colonne l’architettura della saggezza del mondo, anzi, lasciano che frani; si vede lontano un miglio quando, sulla pedana scenica, arriva una ganga di questi imbroglioni: passano tutto il tempo ad escogitare metodi per imbrogliare le persone che ingenuamente sono andate a guardarli, gli risulta facile imbrogliare, perché certa arte teatrica si basa sul bluff, la falsità della rappresentazione, il camuffamento ladrone, lo spaccio di talento edificato astutamente sul nulla, su capacità irreali, vendono fuffa, sono mercanti di fuffa questi attori a cui piace fare la fiction vacua, la pubblicità beota, il film sciocco di successo, lo spettacolo solo culi e tette senza rispetto, le scenette dei gordi, o dei gonzi, le marchette televisive, la messinscena dell’ignoranza.
Questo non è teatro, è come violentare un corpo vivido e lasciarlo stramazzare al suolo, sanguinante, fino a quando non diviene privo di sostanza.

15
Un volto scolpito dal vento e dalla fatica,
dalla ferocia con cui ha vissuto la propria passione,
un volto marcato da ciò che la vita, spesso insolente, gli ha scritto sulla pelle, un volto con due occhi incastonati attraverso cui passa
una vibrazione particolare,
una personalità indimenticabile,
questo volto,
che sia di uomo o di donna,
mi auguro di vedere sempre in teatro.

16
C’è bisogno di quella cosa vera che sta dietro alle costole, del cuore, che non è un baiocco falso ma un organo vitale, quando si entra nell’anello della scena.

17
Il teatro sfracella il cinismo.
Il cinismo è la rogna canina, è il ghigno della iena.
Il cinismo regna nei momenti di depressione, di istupidimento.

18
In teatro, ma anche nella poesia, in pittura, nella scultura, nel canto, nella musica, perfino nella scienza, l’artista che si riesce a controllare non è un artista.

19
La donna e l’uomo di teatro devono parlare con crudezza, e cercare di non farsi scivolare la vita dalle mani.

20
Che nel teatro vi sia un centro delimitato da contorni è una menzogna, perché il centro del teatro è dappertutto e i contorni in nessun luogo.

21
Dalle labbra prese il volo uno stormo di versi
e allora l’universo si mise a rotolare:
possiamo chiamarlo teatro.

22
Il corpo dell’attore è una distesa aperta, sgombra dai trucchi.

23
L’anima affiora sulla superficie degli occhi, talvolta, come il dorso di un Marlin… quando succede questo, c’è teatro.

24
Il teatro è pure uno scontro che divide.

25
Il teatro fa vedere più vere le cose.

26
Il teatro consiste nello sforzo di scrivere, sulla scena, la vasta gamma delle sensazioni nella loro purezza.

27
Il teatro è il luogo dell’impossibile, è dove la poesia ti dice che una lacrima non cade, ma che volge la sua punta verso l’alto, attratta da una forza celeste, e tu, mia cara sognatrice predisposta all’incanto, prendi la frase per buona, ci credi, e alla fine succede che vedi realmente il miracolo!

28
C’è un modo di fare teatro che definisco oscuro, è il teatro dell’ignoranza, quello che sceglie le tenebre anziché la luce, quello che getta cemento nelle menti per soffocarle, e che rastrella dai petti la delicatezza dei sentimenti, è un teatro che trasforma gli uomini in una cricca di stolti, è il teatro oscuro, quello che fa comodo ai regimi, poiché si sa che le tirannidi attecchiscono dove monta l’ignoranza.

29
Questa scena non è una scena
ma un corpo messo alla rovescia,
un mondo sommerso che tu vedi attraverso le lenti del sogno,
con qualche guglia che affiora ogni tanto in superficie
come una ragazza che svetta con la testa da qualche parte nel cosmo,
è un corso invertito delle cose,
fino al prima del prima,
fino al dopo del dopo.

30
L’opera d’arte si genera dall’allucinazione conoscitiva.
Questo è il cammino dell’artista quando è sommo.
Lo spettatore, quando ha gli occhi nelle orecchie, cammina inversamente:
dall’opera d’arte, che è l’estensione essoterica dell’intuizione dell’artista, giunge all’allucinazione conoscitiva.

31
Come attore compio lo sforzo d’invocare l’antica natura della mantica poetica e surfo sopra un’onda emozionale che mi squassa e che mi afferra nella sua corposità vivente, che mi spinge a recuperare la statura gigante e minuta della Natura.
Sento che i miei occhi hanno voglia di espandersi nella totalità delle volte stellanti, sento di voler stare su tutte le rotte, desidero che il mio gesto teatrale sia una sorta di impresa sottile e verticale, che si prende il rischio di erigere un’architettura che culmina nella meno plastica fra le ascensioni artistiche: la musica.
Parto sempre dal nulla e cerco di farne una meraviglia.

News Reporter
Mario Eleno: All’anagrafe Mario Fedeli, nasce a Montecelio (Roma) il 30 maggio 1983. È scrittore, attore, regista teatrale e traduttore. Debutta a 17 anni leggendo in scena i Canti di Leopardi. Nel 2009 lavora con il regista Luca Ronconi al Piccolo Teatro Strehler di Milano per l’allestimento del Sogno di una notte di mezz’estate di William Shakespeare. Si diploma nel 2010 alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano. Nel 2011 fonda La Compagnia degli Innamorati Erranti. Nel 2012 partecipa al Fringe Festival di Edimburgo con la Compagnia Babygang di Carolina de la Calle Casanova. Nello stesso anno mette in scena a Milano Il processo di Kafka con le compagnie Sanpapiè e Circolo Bergman. Nel 2013 si diploma alla Scuola di Mimo Corporeo di Napoli. Nel 2014 partecipa al Fringe Festival di Roma, dove riceve due nomination per il suo spettacolo Orlando Bodlero e vince il Premio Giovane Talento. Arriva in finale al Premio delle Arti Lidia Petroni di Brescia con Della malia del femminile, corto di cui è attore e autore. Dal 2015 traduce e legge pubblicamente le composizioni poetiche di Blaise Cendrars. Nel 2016 scrive e dirige per il Teatro Stabile di Innovazione Galleria Toledo di Napoli Canto d’un poeta che se ne muore, atto teatrale in versi nato dallo studio dell’opera di Carmelo Bene. Nel 2017 è tra i finalisti del Premio Letterario Nazionale Charles Bukowski. Dal 2018 collabora con le riviste letterarie La Macchina Sognante, L’Ulcera del signor Wilson e settepagine. Nel 2019 progetta e realizza i reading di Teatro Porto Aperto in spazi artistici alternativi di Napoli, Genova, Roma, Bari, Perugia e produce con l’Università di Siena nell’ambito di Hybris Project la performance Je suis l’autre dedicata a Blaise Cendrars. Nello stesso anno partecipa al 44° Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano diretto dal maestro Roland Böer, dove traduce e interpreta Lettere a Vèra di Vladimir Nabokov. È anche tra gli artisti del 52° Festival delle Nazioni di Città di Castello. Nel 2020 pubblica con Morlacchi Editore di Perugia il suo primo romanzo: Tabaccheria. Il romanzo viene premiato con il 3° posto al Concorso Nazionale di Poesia e Narrativa Talenti Vesuviani, riceve una Menzione di Merito al Concorso Internazionale di Letteratura Milano Metropoli e al Premio Letterario Internazionale Michelangelo Buonarroti, arriva in finale al Premio Nabokov. Sempre nel 2020 Mario Eleno risulta di nuovo tra i finalisti del Premio Letterario Nazionale Charles Bukowski e viene confermato dal maestro Roland Böer al 45° Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano con Fiammeggianti stelle, concerto di poesia dedicato a Giacomo Leopardi e al compositore russo Aleksandr Nikolaevič Skrjabin. Nel 2021 viene segnalato dalla Giuria del Concorso Letterario Nazionale sui Diritti Umani Non è più il tempo di tacere, è per la terza volta finalista al Premio Letterario Nazionale Charles Bukowski e vince il Premio Letterario De André con il racconto Nella città di Genova. Partecipa inoltre con la ripresa di Fiammeggianti Stelle alla 38^ Stagione Concertistica dell’Associazione Domenico Scarlatti di Napoli. È stato anche doppiatore, prestando la sua voce al documentario Quando si ruppero gli argini di Spike Lee. Nel 2022 traduce per Fandango Libri Il mio solo tormento di Rajab Abuhweish, si classifica terzo al Premio Ravenna, riceve il Premio Speciale della Giuria al Concorso Letterario Nazionale Teatro Aurelio di Roma, è finalista al Premio Gozzano e vince il Premio Spoleto Calling. Nel 2023 pubblica la silloge poetica Verso le strade feroci, Eretica Edizioni, e riceve una candidatura al Premio Charles Dickens. Nel 2024 vince il Premio Letterario Nazionale Mille parole per una foto, ottiene una Menzione di Merito al Premio Letterario Vera Mascaretti per la video-poesia Esausti Marinai, e il cortometraggio di cui è attore e autore, Piccolo Film dell'Angelo Amore, rientra nella Official Selection del Fellini Film Festival. Attualmente collabora con le compagnie teatrale Phoebe Zeitgeist di Milano e Teatri Uniti di Napoli. È Direttore Artistico del Teatro Chisciotte di Montecelio.
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