LE INTERVISTE MEDITERRANEE

Sharing is caring!

A cura di GIANPAOLO G. MASTROPASQUA

7 DOMANDE a CLAUDIA PICCINNO


In che maniera la Poesia è entrata nella tua vita? Dalla prima pubblicazione con Aletti nel 2011 “La Sfinge e il Pierrot”, hai intrapreso un personale volo d’inchiostro intensissimo in più direzioni: pubblicazioni personali, traduzioni, supervisione di concorsi letterari e direzione di associazioni di poesia internazionali. Cosa ti ha sospinto in volo?


La poesia si affacciò nella mia vita durante l’adolescenza, quando sentii l’urgenza di fermare i primi turbamenti. Ma solo una decina d’anni fa mi misi in gioco. Iniziai a pubblicare i miei versi giovanili con molta ritrosia, ma la poesia non smetteva di pulsare nelle mie vene. Ho frequentato per un po’ l’associazionismo e il mondo dei concorsi letterari, sono state esperienze interessanti, ma la più importante di tutte resta la lettura, soprattutto dei classici. Sono una lettrice instancabile. Ognuno ha una propria traiettoria quando intraprende il proprio volo d’inchiostro, la mia traiettoria è stata più ricca di traduzioni e incontri a partire dal 2013, quando conobbi una scrittrice serba Milica Lilic che s’innamorò della mia silloge Il soffitto e la fece tradurre in lingua serba, poi in turco. Fu grazie a lei che mi invitarono a Istanbul la prima volta e lì conobbi il mio traduttore: il poeta Mesut Senol, che è poi diventato per me un punto di riferimento.

Il grande compianto Giorgio Barberi Squarotti, uno dei tuoi (e miei) primi interlocutori, a mio avviso colpisce appieno il bersaglio del tuo mondo poetico tra “liricità commossa e luminosa a riflessioni e pensieri di vita con efficaci giudizi sull’attualità del dolore della storia”. Quale è secondo te il limite e il rischio di questo tipo di poetica?


Il rischio potrebbe essere il sentimentalismo filantropico, qualora si partisse dalla convinzione di essere più fortunati di altri, ma in realtà la storia è fatta dai singoli individui e ognuno di noi si porta dietro uno zaino antropologico, occorre attraversare il proprio dolore, denudarsi, decondizionarsi e accettarsi senza paura. Ecco che subentra la luce, la lucidità del pensiero, che si affianca alla compassione e conduce alla resilienza.


Spesso nei tuoi libri si attraversa una dicotomia che assume talvolta i tratti di una scissione tra intimità privata di stampo sentimentale e poesia “politica”. Forse è proprio la dimensione del dolore il pavimento su cui si basa la tua casa poetica unendo due stanze così diverse?


Esattamente, hai colto nel segno. Il cibo e il dolore sono gli argomenti che l’umanità riconosce e riesce a condividere.
La mia professione d’insegnante e i miei viaggi poetici, metaforici e non, hanno allenato il mio sguardo che ora sa cogliere e accogliere le marginalità. Ho sempre saputo che il diverso, il folle, la strega albergano dentro ciascuno di noi; pertanto se mi sta a cuore il benessere della comunità, non devo pormi sul piedistallo, devo riconoscere le mie fragilità per comprendere e abbracciare le imperfezioni altrui. Occorre mettersi in discussione, scavarsi dentro, per dare poi voce autentica a chi non ne ha.


“La nota irriverente”, uno dei tuoi ultimi libri, si chiude con un testo singolare “Non andare via. Poesia per un tucano”: Istrionico ammaliatore,/di bacche ricopri/la tua partner/ e inondi la foresta/di allegria./ Sono le acacie perdute/ a smarrire il bosco. Qui tratti la dimensione dell’amore attraverso un simpatico rituale animale. Quanto la natura influenza la tua poesia?


Da circa 24 anni vivo in un verde paesino a ridosso di Bologna, sotto casa mia scorre il Navile e pur essendo un canale artificiale, ospita la tipica fauna fluviale, anche la flora è molto caratteristica. Negli anni ho imparato a distinguere vari uccelli, ho spesso incontri ravvicinati con fagiani, upupe, anatre, e tra le altre specie perfino le nutrie.. Avevo vissuto in Valsassina nei primi anni ’90 e avevo scoperto la montagna, avevo compreso la forza dei torrenti e la bellezza delle vette, pur essendo nata in riva al mare. Sono stata fortunata, ho potuto ascoltare le varie voci della natura, oltre al miagolio del mio gatto…e questo mi ha reso sicuramente più consapevole della finitezza umana e della potenza del creato.


In “Ragnatele cremisi” (Edizioni il cuscino di stelle) viene amplificata, a mio parere, la dimensione narrante, ci sono piccole storie di personaggi comuni che nella loro semplicità conservano un nobile eroismo oggi sempre più raro, è il caso de “La Nerina”. Pedalava la Nerina/in bicicletta, /simulava la Nerina/ poca fretta./ Gli spari le sfioravano il sellino, / il cuore cigolava nel cestino./ Ingoiò messaggi e inchiostro molte volte/perché le parole non le fossero estorte/…/Quest’epitaffio volle la Nerina/-Non feci nulla di speciale/la forza dell’emancipazione/ deve essere coraggio abituale./ Un’atmosfera da coprifuoco, per alcuni versi simile a quella che stiamo vivendo in questi mesi di emergenza e domicilio forzato. Secondo te la parola libertà e umanità possono ritornare oggi a risplendere nella nostra vita?!


La libertà nel senso più etico della parola, include il rispetto per gli altri e non è l’egoismo di fare ciò che ci aggrada, libertà è scegliere con consapevolezza ciò che contribuisce al benessere della mia personalità, senza arrecare danno alla comunità. In questa accezione di libertà, l’umanità è complementare,anzi necessaria perché ciascuno di noi abbia un ruolo nell’ accogliere e nel promuovere la crescita e lo sviluppo delle potenzialità altrui.
Questa pandemia ha rivelato ancora una volta le attitudini di ciascuno di noi: ci ha insegnato a riconoscere chi si è abbandonato alla sterile polemica e chi ha continuato in silenzio un cammino di operosità al servizio degli altri. Al di là delle parole occorrono i gesti; le biografie delle staffette partigiane ci rivelano i gesti, le scelte di persone spesso analfabete, ma consapevoli di fare la loro parte per una causa comune. L’esempio che intreccia microstoria e macrostoria è certamente da seguire per recuperare un progetto di umanità e libertà ad ampio raggio.


Hai tradotto numerosi poeti contemporanei dal Sudamerica al Medio Oriente, penso al peruviano Oscar Limache o ai turchi Mesut Senol e Osman Ozturk. Quanto è importante la traduzione e l’incontro con realtà poetiche altre? E il disporre di editori coraggiosi che investono in tali progetti?

Per tradurre occorre fare silenzio dentro di sé e mettersi in ascolto, sulla soglia dell’altro. Non è semplice e generalmente traduco solo persone che ho incontrato e con cui ho trascorso del tempo, mi occorre respirare la loro aria per comprendere la loro penna. Con questi presupposti la traduzione è un incontro di anime, un’esperienza molto importante che entra in quel famoso zaino antropologico caro a Frabboni. Per me conoscere gli autori che tu citi, ma anche Raed Anis Aljishi, Hilal Karahan e Gino Leineweber e tanti altri è stato come aggiungere un posto a tavola e ciò è accaduto realmente, non è solo una metafora. Ho sempre avuto un’anima zingara, ma l’incontro con i loro mondi ha fortificato la mia visione cosmopolita. Sento di avere una famiglia allargata, soprattutto da quando Hilal Karahan mi ha introdotto nel World Festiva Poetry e Yuri Zambrano mi ha affidato l’Europa per organizzare eventi culturali. Avevamo grossi progetti su Madrid con la poetessa Elisabetta Bagli, ma il covid 19 ci impone uno stop. L’editoria è un mondo sofferente, sebbene la quantità delle pubblicazioni aumenti, i lettori restano pochi. Pertanto ci vuole il coraggio dei folli. Il cuscino di stelle è una associazione culturale che investe in voci nuove, e lo fa con grande professionalità e umiltà, ma il commercio, la distribuzione, la capillarità restano sfide che necessitano di patti molto saldi tra chi stampa e chi scrive, ma soprattutto tra chi scrive e chi legge..e se vacilla la fiducia tra produttori e fruitori, l’editore (e qui parlo di piccola editoria in particolar modo) resta un estraneo che può fare ben poco.


Negli ultimi anni, grazie anche al lavoro di libere comunità di intellettuali e letterati presenti in Rete e su Facebook, si assiste sempre più alla riscoperta e diffusione di grandi poeti del Mezzogiorno che ai più risultavano pressoché sconosciuti o estromessi dalla storia letteraria italiana. Mi riferisco in primis a Vittorio Bodini, Raffaele Carrieri, Girolamo Comi, Antonio Verri, Giovanna Sicari, Claudia Ruggeri, per dirne solo alcuni pugliesi o al campano Alfonso Gatto, al calabrese Lorenzo Calogero e al siciliano Lucio Piccolo, per citarne solo alcuni. Sono convinto che sia giunta l’ora di riscrivere una più equilibrata e completa storia critica della Poesia dal Novecento ai giorni nostri, secondo te in queste scelte di esclusione ci sono stati motivi politici ed editoriali casuali o mirati ad esempio alla creazione di una linea dominante ufficiale legata ai colossi dell’editoria del Nord? Oggi molti concordano che nonostante le grandi difficoltà siano i piccoli e medi editori a fare la differenza, in grado talvolta di scoprire talenti e ridisegnare i tratti della nuova poesia contemporanea, concordi? Cosa accadrà nei prossimi anni e come la Rete può avere un ruolo nella poesia che verrà?


Ci sono poeti dimenticati un po’ ovunque, ultimamente mi sto occupando di Attilio Zanichelli, parmense, aveva pubblicato con Einaudi eppure i suoi libri ora sono introvabili. Se non fosse stato per l’abnegazione del nipote e di alcuni poeti di Parma, forse si sarebbero spenti i riflettori sulle sue poesie. Non so dirti se è una questione di linea editoriale, di confini geografici, di lobby, di maschilismo o supposto tale, certo è che la Poesia in Italia non rientra nelle logiche di mercato. La compra solo chi la scrive, è raro che a Natale tra i top ten ci siano libri di poesia. Vi sono vari dizionari enciclopedici di poeti, ma sappiamo benissimo che ci finisce dentro chiunque voglia pagarsi lo spazio, e comprarsi le copie. Io cestino decine di inviti simili. La rete sta tentando la compilazione di dizionari virtuali, in cui forse si entra per conoscenze oltre che dietro contributo, le ritengo comunque buone pratiche di archiviazione. Ma per scovare i poeti in tale moltitudine occorre forse rileggere una poesia di Biancamaria Frabotta, con cui si apre un caleidoscopio di libere interpretazioni.


Sono come le pulci, i poeti/acquattati nel pelo del mondo.
Invisibili, se ne stanno passivi/ nelle ore dolci dei vivi
ma in un tale loro modo/e così a caso dispersi
fra i tanti, singoli vanti. /Oh, se mordono, nei loro nidi
e hanno, a volte, certi visi/sotto gli occhi di tutti…
E bisogna cercarli, perché/smettano infine il fastidio
uno a uno e prima o poi/di certo, scovarli, stanarli
dai loro nascondigli/i pochi (troppo pochi!) poeti.


(B. Frabotta, da “Tutte le poesie” 1971-2017)

CLAUDIA PICCINNO è nata a Lecce, ma vive e insegna nel nord Italia. Presente in svariate giurie in numerosi premi letterari nazionali e internazionali( tra questi Il premio Tulliola dedicato a Renato Filippelli) . È la direttrice continentale per l’Europa del World Festival poetry, rappresenta la cultura di Istanbul in Italia come ambasciatrice della Ist Sanat Art Association, ha pubblicato 34 libri di poesia, tra le sue 8 raccolte edite in varie lingue e libri di altri poeti da lei tradotti in lingua italiana. Le è stato conferito il premio “Stele di Rosetta” a Istanbul nel 2016, il Premio Najiman in Libano a luglio 2018 e quasi 250 premi in Italia per meriti poetici e culturali. La sua poesia “In Blue” è riprodotta su una stele di maiolica posta sul lungomare di Santa Caterina di Nardo (Le).
Collabora alla rivista letteraria internazionale Papirus in Turchia e alla rivista internazionale Atunis. È responsabile per la rubrica poesia nella Gazzetta di Istanbul, stampata in Turchia dalla comunità italiana col contributo del Ministero degli Esteri.
Il suo sito web è https://claudiapiccinno.weebly.com/

News Reporter
(1979) Poeta, Psichiatria e Maestro di Musica (clarinettista) è nato a Bari, ha vissuto a Santeramo in Colle, in Spagna e nel Nord Italia , vive attualmente a Lecce, dove lavora in qualità di Dirigente Medico in Psichiatria presso la ASL nella Articolazione per la Tutela della Salute Mentale del Carcere di Lecce.. Ha pubblicato Silenzio con variazioni (2005) Andante dei frammenti perduti (2008) Partita per silenzio e orchestra (2015) e Danzas de Amor y Duende (2016), Viaggio salvatico (2018) e Ologramma in La minore (2019). Ha vinto alcuni premi letterari internazionali, tra cui il Premio Internazionale Alda Merini e il Premio Internazionale Nabokov. Selezionato in Riviste Letterarie specializzate nazionale e internazionali, antologie, quotidiani, blog letterari, produzioni radio-televisive. Ha curato l'antologia Taggo e Ritraggo sulla poesia ai tempi di Facebook. Ha ideato e diretto diversi progetti culturali e azioni poetiche, tra cui Il LietoColle Sud Tour, il Grand Tour Poetico e l’azione-evento “La Freccia della Poesia”. Una monografia critica è apparsa nell'Antologia “A Sud del Sud dei Santi – Cento anni di Storia Letteraria”, ne “L'evoluzione delle forme poetiche – la migliore produzione poetica dell’ultimo ventennio”, scelto nell’Atlante della Poesia Contemporanea “Ossigeno nascente” curato dall’Università di Bologna, in VIP (Voice of Italian Poetry) curato dal Laboratorio di Fonetica Sperimentale Dell’Università di Torino e in Poetry Sound Library (Mappa Sonora mondiale della Poesia) a cura di Giovanna Iorio. Ha partecipato, tra gli altri, al Sardam Alternative Literary Readings Festival di Cipro, al Festival Internacional de Poesia Benidorm y Costa Blanca e scelto tra i poeti italiani per il Bombardeo de Poemas sobre Milan opera del collettivo cileno Casagrande. Tra i 7 poeti contemporanei scelti per il film documentario “Il futuro in una poesia” della regista Donatella Baglivo. É membro e delegato del Liceo Poetico de Benidorm.
Follow by Email
Instagram