Eva Robin’s ci aspetta sul palcoscenico, seduta su una sedia ergonomica rossa sistemata su un lato della scena. Un frigorifero, l’altro protagonista della pièce, è posizionato sul lato sinistro. Tutto è pronto per dare vita allo straordinario, onirico, visionario testo dell’autore argentino, naturalizzato francese, Copi, Il frigo, con l’altrettanta straordinaria interpretazione di Eva Robin’s e per la regia di Andrea Adriatico all’ Off/Off Theatre di Roma.
Copi, pseudonimo di Raúl Damonte Botana, è stato un importante scrittore, fumettista e autore teatrale. Le sue vignette della Donna Seduta pubblicate su Linus lo hanno fatto conoscere in Italia. Poi sono arrivati gli spettacoli teatrali in cui recitava come attore, anche se lui si vedeva più nella veste di scrittore. Recitava i suoi testi, quando non trovava attori disponibili a farlo. Negli anni ‘80 le sue opere più famose, come appunto Il frigo o Loretta Strong , potevano essere annoverate, e lo sono ancora, nel teatro di lotta omosessuale, scritte per avere un forte impatto sul pubblico borghese, per sparigliare le carte, per mettere sul tavolo della realtà l’esistenza di una comunità in quell’epoca ancora invisibile.
Non sono testi di facile impatto sul pubblico. Il frigo gioca sull’ ambiguità di un monologo, in cui una donna si confronta nella solitudine del suo appartamento con altri personaggi creati dalla sua fantasia. Non è un testo per tutti gli attori, ma Eva Robin’s è totalmente a suo agio tra le battute stravaganti e i nonsense del copione, gioca con un ritmo perfetto tra ironia e dramma e con le entrate e le uscite di scena dei vari personaggi, presenti solo nella mente della protagonista perennemente sotto l’effetto di funghi allucinogeni o di polvere bianca.
Perché proprio un frigorifero? È lo stravagante regalo di compleanno della mamma della protagonista. Un regalo sicuramente eccentrico, pensato da una donna che irrompe a casa della figlia senza annunciarsi, che porta nella borsa una fiaschetta con qualche alcol misterioso, che non nasconde la sua maternità fredda e anaffettiva. Spettacolare Eva Robin’s nei panni della madre, sempre elegante nella scelta degli abiti, e precisa nel dare vita a lei e anche agli altri personaggi in sequenze ininterrotte di battute in scena e dietro le quinte, tante voci che si alternano e che il pubblico vede anche se sul palco non c’è nessuno.
Un campanello suona a ripetizione. Insieme al telefono, è l’unico contatto con l’esterno. Annuncia il presentarsi dei nuovi personaggi: la cameriera (ruolo fondamentale), l’autista che violenterà la donna dietro le quinte, la psichiatra nelle fattezze di una bambola gonfiabile. In scena assistiamo alla disgregazione dell’essere umano, e il colpo di genio di Copi è che mostra tale disfacimento attraverso le cospicue risate del pubblico.
L’identità della protagonista è frammentata in tante sotto identità; sembrano appartenere solo al genere umano, almeno fino a quando spunta nel racconto un topo di pezza di cui Eva Robin’s si innamora e con il quale instaura un dialogo surreale che la trascina verso la fine. C’è il sesso, c’è la violenza, c’è l’Aids.
Lo stesso Copi morì di Aids nel 1987, ma anche negli ultimi giorni di vita fu così abile da trattare con ironia la malattia e la morte nel suo ultimo testo dal titolo Una visita inopportuna. Alla sua opera, Teatri di Vita ha dedicato dal 2006 un progetto pluriennale che ha avuto già diversi esiti: spettacoli, convegni e il libro Il teatro inopportuno di Copi a cura di Stefano Casi (ed. Titivillus), primo volume di studi su di lui, mai pubblicato in tutta Europa.
Il frigo è uno spettacolo godibilissimo, grazie anche all’abilità dell’attrice di dare forma all’idea di travestimento sottesa nel testo, nei rapidi cambi d’abito dietro le quinte, nel non perdere mai la vena grottesca e surreale che guida la pièce. In mezzo alla scena c’è sempre lui, il frigorifero, ingombrante catafalco, l’unica salvezza della protagonista ormai abbandonatasi a una realtà dissociata che non riesce a controllare. Quando la dissolvenza della sua identità diventa inevitabile, il frigo è l’unico rifugio dove sistemarsi. Lo sportello si apre ed è come ritrovare la libertà e l’equilibrio tra le tante schegge del suo ego, sparse nell’appartamento vuoto.

Eva Robin’s
In Il Frigo di Copi
Uno spettacolo di Andrea Adriatico
Cura e aiuto Daniela Cotti, Saverio Peschechera
Scene Andrea Cinelli con la consulenza di Maurizio Bovi
Costumi Andrea Cinelli col repertorio vintage di A.N.G.E.L.O.
Tecnica Francesco Bonati, Giovanni Magaglio
Fotografia Raffaella Cavalieri
Con il sostegno di Comune di Bologna – Regione Emilia Romagna, MiC
