Una madre si affaccia alla nuova
vita; un’anima antica percorre la
strada della rinascita: “Un canto al tempo che mi assolva” è, in
definitiva, la storia di un ritorno.
Attraverso un Bardo, un intermondo immaginoso, la voce narrante
torna a far visita ai suoi “luoghi
della durata” ma la mappe della
memoria sono molte e impetuose,
si sovrappongono, confondono il
sentiero, aprendo la strada al potere trasformativo della scrittura
sulla realtà.
Ogni riscrittura è una mappa parallela nell’unità del tempo sacro,
la poesia è la sua liturgia.
E se non tutti i percorsi sono edificanti, c’è una tensione alla pienezza dell’esperienza umana che
s’invera solo nel linguaggio poetico, sua completa assoluzione attraverso la partecipazione. Nessuno
è solo, niente si dilegua, l’assoluto
ha bisogno di un elemento che lo
assolva, sciogliendone i fili.